Data: 31/08/2008 - Anno: 14 - Numero: 2 - Pagina: 8 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
PER UNA MAPPATURA ARCHEOLOGICA DEL GOLFO DI SQUILLACE |
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AUTORE: Ulderico Nistic (Altri articoli dell'autore)
Se, prima di costruire a Germaneto, avessero effettuato analisi di archeologia preventiva (ci sono le ditte specializzate apposta, ma, ovviamente, solo al Nord!), non avremmo i lavori bloccati della gi tormentata Cittadella. Pazienza, ora passer qualche altro secolo, senza Cittadella e senza scavi. Approfittiamo, almeno, per una riflessione, possibilmente documentata, sul Medio Golfo di Squillace e dintorni. La Tabula Peutingeriana, ovvero Orbis pictus, a proposito del Bruzio romano, riferisce di tre strade principali: la costiera da Taranto a Reggio, lantico dromos dei Greci che alcuni vogliono la romana Aquilia; la Popilia, il cui tracciato molto simile allattuale autostrada; e una trasversale che collegava Scolacio e Vibo Valentia. Lungo la strada ionica, nel medio Golfo Scilletino, vengono indicate due importanti localit: Castra Hannibalis e Scolacium. La prima continuava linsediamento dei Cartaginesi negli ultimi anni della Seconda Punica (218 202 a. C.), e sar detta anche Annibali, Aniaba, Anival, Hannibal, Annibal; laltra era stata fondata per legge di Caio Gracco (dopo il 123 a. C.), e rifondata da Nerva (96 98 d. C.), e portava il nome ufficiale di Colonia Minervia Nervia Augusta Scolacium, e Scylax, Scilatio, Scilaceon, Scillaceum, Squillaceum, Scylatio, Scylaceum. Un tempo nello stesso luogo sorgeva una colonia ateniese, Skylletion, fondata secondo il mito da Menesteo reduce da Troia; poi passata a Crotone; assoggettata a Locri da Dionisio il Vecchio (386 a. C.), e probabilmente abitata anche da Bruzi. Scolacio, secondo Cassiodoro che vi nacque, era la prima citt, comunque molto rilevante, se il suo teatro capace di quattromila posti. Gli abitanti erano piuttosto proprietari terrieri e coloni, con un ceto medio e artigiano; e perci risiedevano lungo la costa o sulle colline (come un grappolo duva sui colli), o lungo la Valle del Corace. Questo fiume era, e in qualche modo la via naturale dallo Ionio alla Presila, dominata da Tiriolo, un luogo che, forte per la posizione, venne abitato fin dalla protostoria, e da Greci, Bruzi, Romani. Era il capoluogo dellAger Teuranus, attestato dal senatoconsulto dei Baccanali del 186 a. C.; mentre uniscrizione greca precedente riferisce una forma Teira. possibile che la Valle costituisse un sistema di produzione agricola e artigianale, di cui i due insediamenti urbani erano i centri commerciali: vi ci si recava durante le Nundine, e allora si sbrigavano gli affari, gli impicci politici e giudiziari, e si assisteva agli spettacoli. La romanizzazione del territorio ampiamente attestata dalla toponomastica: Gagliano (Gallianum), Gimigliano (Gemilianum o Geminianum), Settingiano (Septimianum) sono nomi prediali, e ricordano proprietari romani. Lipotesi di una strada nel punto che Plinio definisce dove in nessun altro luogo lItalia pi stretta, suffragata da toponimi come Miglierina e Migliuso. In et imperiale, era molto comune il sistema abitativo delle villae, poderi di parecchi ettari, con al centro i casolari di coloni e schiavi, e, spesso, la pars dominica, pi ricca ed elegante. Erano secoli di pace e prosperit, e ci si dotava di piazze, teatri, anfiteatri, ma, prima di tutto, di cloache e acquedotti. Quello di Scolacium data del 137 d. C., come attesta uniscrizione conservata a Squillace; quello di Tiriolo venne alla luce nel XVII secolo, come testimonia lUrsano da me ripubblicato in edizione critica, e ne restano due grossi tubi. Insomma, c molto, e molto altro ci sarebbe da scoprire, con un lavoro di ricognizione e scavo. Scavo, significa scavare, cio trovare i soldi e degli archeologi con le mani sporche di terra, il meno passacarte e teorici che sia possibile. Per il momento, devo, con mia grande soddisfazione, prendere atto di un fatto molto, molto positivo: che, sulla questione dei ritrovamenti a Germaneto, nessuno, ma proprio nessuno ha tirato fuori amenit come il cane Argo, i pannetti di Nausica, i Feaci alpini, lo sbarco di Ulisse in alta montagna, e le solite storie di venti e correnti e stelle con cui il vagabondo re di Itaca ogni tanto viene portato a SantEufemia e ogni tanto in America, ogni tanto in Inghilterra e ogni altro tanto a Copanello. A forza di picchiare, persino in Calabria si ottengono dei risultati! Per completare un quadro gi cos ampio, ci sono: una fortezza bizantina a Stalett, la chiesetta di San Martino a Copanello, i ruderi di Poliporto a Soverato, emergenze a Isca I., tracce romane a Badolato; e, dallaltra parte del Golfo, ritrovamenti di notevole importanza tra Simeri Crichi e Botricello. Per non dire del Medioevo, questo Medioevo calabrese che vezzo far finta non ci sia stato: e invece, lungo il Golfo, c tanto che il solo elenco porta via non so quante righe: San Giovanni Teresti e i SS. Apostoli a Bivongi, Monte Stella a Pazzano, la Cattolica e quantaltro a Stilo, la Commenda di Malta a Monasterace, Badolato tutta, le torri, la Razzona di Cardinale, la Piet, Soverato Vecchio, SantAnna a Montauro, il castello di Squillace e il resto, Catanzaro bizantina e medioevale, la Collegiata di Cropani, il Duomo di Zagarise, Belcastro, i resti di Taverna Montana e di Barbaro... e infinite altre cose. Basterebbe una politica culturale degna di questo nome, e senza la scappatoia che, con la scusa che tutto cultura, i soldi finiscono a fasulli gruppi folcloristici amici del sindaco.
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