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Data: 31/12/2002 - Anno: 8 - Numero: 4 - Pagina: 20 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

SCRITTURA, LETTURA E POESIA LETTERARIA.

Letture: 1349               AUTORE: A. Lacroce (Altri articoli dell'autore)        

Lo stupore è alla base della “poesia letteraria”, intendendo per “poesia letteraria” un autentico tesoro di espressione ed un continente di sensazioni che ci avvolgono e che non possiamo ignorare o deturpare.
Comunicare attraverso la lettura e la scrittura diventa, allora, una specie di grande metafora dello spirito, una necessità interiore, un esercizio critico-simbolico per sviluppare inventiva e dinamicità di stile.
Immagini e racconti si saldano in un legame d’intimità e in un’efficacia narrativa fondate sulla sincerità, sulla meditazione del dolore, sulla semplicità delle cose, sul valore della quotidianità che segna il tempo della responsabilità della scrittura e della testimonianza in una specie di “diario della memoria” con una sua valenza storica e diagnostica.
Intorno al tepore di intimità emanato dalla viva fiamma del “focolare” si sprigiona un’ansia purificatrice del ricordo, una spiritualità di ordine superiore, una calda propensione alla lettura ed ai racconti dai quali traspare con linearità il desiderio di traghettare la memoria dal mondo antico alle nuove generazioni, affinché tutto il patrimonio di conoscenze non venga perduto e possa servire alla formazione culturale del nuovo contesto sociale.
L’uomo, da sempre, ha nutrito il desiderio di ricostruire il proprio passato, di mantenere intatta la memoria storica, preservando la sua identità culturale. Alla base di questa esigenza umana stanno, probabilmente, le domande essenziali sulla ragione della propria esistenza e sul significato della propria presenza nella società e nella storia; la spiritualità dell’uomo trova espressione in questa tensione interiore, motivata dalla necessità di conoscere se stessi e gli antecedenti culturali che ne hanno determinato il suo essere nel mondo, il suo presente, la ragione della sua traccia essenziale.
La necessità di conservare la memoria degli eventi, delle regole di comportamento sociale, dei principi morali, delle credenze religiose e della cultura materiale, fu sentita dall’umanità ben prima che venisse inventata la scrittura e, con essa, la storia.
Quando la scrittura non esisteva, la necessità di non disperdere il patrimonio culturale era affidata al racconto (la tradizione orale), attraverso cui si trasmetteva, per l’appunto in forma orale, la memoria di quello che un popolo riteneva indispensabile per la sua continuità culturale. Nelle culture orali, non essendoci testi scritti come nelle culture chirografiche (scritte), le parole hanno un grande potere, sono “eventi”. Per raccogliere, dunque, organizzare e trasmettere il materiale trainato dalla memoria collettiva, bisognava ricorrere a degli espedienti, fissare le elaborazioni della memoria, quasi a dirsi “pensare pensieri collettivi”, attraverso moduli mnemonici. Questi moduli dovevano presentarsi con delle caratteristiche, quali per esempio, un grande contenuto ritmico; strutturarsi in ripetizioni, antitesi, allitterazioni, assonanze, temi standard, proverbi noti a tutti. Tali modelli svolgevano nelle culture orali le funzioni che la scrittura svolgeva nelle culture chirografiche, ovvero, la ridondanza, la ripetizione o il ritmo ed erano strumenti efficaci per legare la memoria al tracciato narrativo, che spesso veniva rapsodizzato in relazione al contesto, all’inventiva del narratore, all’umore del momento e ad altri fattori situazionali.
In determinati contesti, infatti, si pone in essere il rischio della perdita di identità, innescato dal distacco radicale dalla propria cultura e dalla rottura della continuità emotiva ed affettiva con la propria comunità. Tutto ciò è di estrema importanza, soprattutto in considerazione del fatto che, senza i “ricordi”, il desiderio di riscatto s’indebolisce. La storia di ognuno diventa così la storia del proprio patrimonio culturale che si oppone ai rischi di eventuali patologie di omologazione, omogeneizzazione e globalizzazione.
“I racconti del focolare” rappresentano un piccolo tentativo di opporsi al trascorrere del tempo, all’oblio ed alla dimenticanza, con la precisa volontà, però, di contrastare la morte, il buio, il nulla, anche se gli uomini di tutti i tempi e di tutte le latitudini portano sempre con sé un segno che li lega alla loro storia, al loro spazio vivificato e domesticato dalle consuetudini comunitarie e collettive.
Sono segni esistenziali e limitati, ma densi di significato: ricordi di commiati, foto di congiunti, immagini del paese o immagini sacre, ma tutto finalizzato alla conservazione della memoria e delle tracce del passato per costruire il presente, per propiziare il futuro, per non smarrire la continuità a dispetto di una discontinuità reale: in sintesi per non smarrire se stessi, le proprie radici e non essere altri e diversi.
Concludiamo questo nostro piccolo contributo in coerenza e facendo nostra la linea indicata da Luigi Lombardi Satriani: “La vita è possibile perché sorretta dalla memoria; essa garantisce la permanenza dell’identità individuale e di gruppo, in suo nome è possibile conferire senso alle azioni, fondare la vita e rifondarla simbolicamente quando su di essa incombe il rifiuto di un decisivo smarrimento. La fontana della memoria è fontana di immortalità.”
Dalla Premessa a “I racconti del focolare”
P.O.N. 2000-2001 - Misura 3 - Azione 3.2
Istituto Tecnico Commerciale di Soverato
Docente Tutor: Agazio Lacroce


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