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Data: 31/03/2003 - Anno: 9 - Numero: 1 - Pagina: 13 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

EDUCAZIONE ALLA LEGALITÀ. INIZIATIVE, INCONTRI.

Letture: 1341               AUTORE: Marina Gervasi (Altri articoli dell'autore)        

Come ogni sistema educativo, la scuola italiana, oltre al compito di trasmettere sapere, conoscenza e contenuti culturali, ha come principale funzione formativa la preparazione di giovani capaci di affrontare, ristrutturare, riformare quei problemi di natura sociale, culturale ed economica che caratterizzano l’attuale società in continua e profonda evoluzione.
Tale funzione, nella nostra regione e nel nostro comprensorio, acquista valenza particolare se solo riflettiamo sulla piaga della criminalità organizzata: la “ndrangheta”, che da sempre ha attaccato e colpito la nostra martoriata terra.
Acquistano, perciò, notevole importanza le iniziative culturali di cui si fa promotrice la scuola attuando corsi, dibattiti ed incontri per educare i giovani alla legalità ed al rispetto delle istituzioni in genere.
L’Istituto Tecnico per Geometri “Giovanni Malafarina” presso il quale svolgo la mia attività di docente è stato sempre fortemente impegnato in tal senso e frequenti sono state le opportunità di incontri significativi con giuristi, politici, scrittori attivamente impegnati nella lotta alla delinquenza mafiosa.
Ed è proprio, nell’ambito di questa problematica che, recentemente l’Istituto, in collaborazione con l’Osservatorio Falcone Borsellino Scopelliti Valarioti, ha ospitato un giovane scrittore il Dott. Arcangelo Badolati giornalista della Gazzetta del Sud, componente del Centro di Documentazione e Ricerca sul Fenomeno Mafioso in Calabria ed autore del libro “Malandrini”.
A me è toccato il gradito compito di presentare il testo “Malandrini”. Confesso di averlo letto tutto d’un fiato presa dalla narrazione di fatti e avvenimenti, realmente accaduti, che, pur tuttavia, sembrano inventati, quasi frutto di fantasia, soprattutto nei primi capitoli dove si descrivono quelli che erano i personaggi della “’ndrangheta primitiva”.
L’autore li descrive con stile quasi verghiano, realistico e obbiettivo, ma a tratti anche crudo e tragico, specialmente quando racconta la vendetta della banditessa Femia la quale, pur amando il suo uomo, lo uccide avvelenandolo perché non aveva voluto riconoscere il loro figliolo.
La narrazione si fa via via sempre più vivace, i personaggi, le vicende sono descritti con prosa fluente ed incisiva, a volte interrotta dall’uso del dialetto, ma che tuttavia offre un quadro ben delineato e preciso di quelli che sono i “protagonisti”.
L’opera, al di là di una valutazione di carattere storico e letterario, assume particolare valenza “morale” in quanto serve a far comprendere come la ‘ndrangheta calabrese sia un mostro dalle cento teste. Attualmente il fenomeno sembra attraversare un periodo di quiescenza ma, i tanti episodi delittuosi, che frequentemente si osservano, fanno intendere come non bisogna mai abbassare la guardia nella lotta alla delinquenza organizzata.
Appunto la scuola, il cui compito è di istruire ed educare, deve assumersi perciò il ruolo primario ed importante di stimolare le giovani generazioni alla conquista e alla difesa della legalità, bene assolutamente inalienabile, con la certezza che solo in questo ambito diventa possibile il progresso sociale in una democrazia, libera da condizionamenti di tipo mafioso.



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