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Data: 30/06/2003 - Anno: 9 - Numero: 2 - Pagina: 32 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

“E VINNA MAJU CU LI PUMICEHRI”

Letture: 1503               AUTORE: Tota Gallelli (Altri articoli dell'autore)        

Cominciava così quella cantilena con la quale, la sera del 30 aprile, si annunciava l’arrivo di maggio.
Gruppetti di ragazzini girovagando per i vichi del loro rione sostavano davanti le porte cantando:
“E vinna maju cu li pumicèhri,
non mi nda curu ca chjova e mi vagna,
c’haiu nu vecchju mantu e mi cumbògghju;
?iura la castagn°ra e fa’ li rizzi
o cara Rosa (Concetta, Vittoria,…) chjna de bellèzzi.”
Attendevano che la donna aprisse la porta, infatti questa apriva portando nel grembiule mele, fichi secchi, castagne infornate o altra frutta e ne dava una manciata ciascuno.
Contenti i ragazzini ringraziavano concludendo il loro canto con l’augurio:
“A chista casa nc’esta nu gistùni,
lu primu figghju mu lu fai barùni.”
Poteva capitare che, incurante del loro canto, la padrona di casa non aprisse la porta e loro insistevano:
“Ancòra tornu ca m’avìa scordàtu
o cara Rosa de nomu chjamàta.”
e se la porta non si apriva concludevano:
“A chista casa nc’esta na cardàra,
la prima figghja ‘u si fa’ magàra.”
e andavano via continuando così per tutta la serata.
Giochi e scherzi di un tempo, di ragazzini e adulti di un tempo, giochi che servivano a passare una serata più allegra, più movimentata del solito, scherzi che erano l’espressione della semplicità contadina di una realtà che si manifestava in tutti i suoi aspetti nelle parole, nei suoni, nei gesti, una realtà cambiata, sì, nel tempo, ma rimasta ancora nel ricordo di chi l’ha vissuta nella serenità e semplicità dei suoi costumi.


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