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Data: 30/09/2003 - Anno: 9 - Numero: 3 - Pagina: 29 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

UNA LETTERA TRA UN LIBRO E L’ALTRO

Letture: 1501               AUTORE: REDAZIONE (Altri articoli dell'autore)        

Alla pagina 20 del n° 2/2003 de “La Radice” abbiamo scritto del Convegno con il quale il 24 luglio avremmo presentato il libro di Pietro Cossari “Viaggio nelle tradizioni popolari badolatesi”. Lo scritto chiudeva con l’inviti, ad amici e lettori, di non mancare. Il Convegno c’è stato, e la gente non è mancata. Nella bella r grande chiesa di San Domenico, in Badolato superiore, erano presenti quelle sera circa trecento persone, numero che non ci ha sbalorditi, perché in parte avvezzi, ma ci ha fatto veramente piacere. Tutti amici interessati e attenti, di Badolato, ma anche di Guardavalle, di S. Caterina, di Isca, di S. Andrea, di Soverato, di Catanzaro…
Il libro è ormai, in alcune centinaia di copie, nelle mani e sotto gli occhi di attenti lettori, gente della strada, persone di cultura, uomini di scuola, accademici.
Mentre stiamo già lavorando intorno alla prossima pubblicazione, siamo lieti di acquisire giudizi su questa appena conclusa. Ne vogliamo qui riportare uno in particolare, integralmente. Un giudizio che non s’attarda in elogi per l’Autore o per l’Editore, ma indica, in forma elegante e sostenuta, significato e valore delle tradizioni popolari.
Egregio Presidente Professore Vincenzo Squillacioti,

Ti ringrazio molto per avermi donato, affabilmente, il bel libro: Viaggio nelle tradizioni popolari badolatesi, da te promosso e meritoriamente dato in luce, nel quale mi ritrovo menzionato in modo pertinente, insieme con Autori significativi, come Vincenzo Dorsa e soprattutto Arnoldo Joseph Toynbee, dei quali la mia Biblioteca possiede, sin dal 1984, La tradizione greco-latina negli usi e nelle credenze popolari della Calabria Citeriore (Cosenza, 1984) e i monumentali sei volumi di A Stody of History (1934-1939).
Le tradizioni popolari sono la vera cultura del popolo, ed è naturalmente congruo che ne parlino i figliuoli del popolo, del quale troppo sono state trascurate le benemerenze e i tesori di virtù domestiche e di costume semplice e laborioso. E ben pochi dubbii possono esservi sul fatto che il libro, frutto d’un impegno di ricerca largo, abbia la vocazione, nei suoi caratteri distintivi particolari, alla descrizione sentimentale e analitica e calorosa della vita antica delle classi subalterne, e delle loro tradizioni, le quali fanno l’ufficio della storia innanzi che la storia si scriva, e dopo scritta perdurano forti e tenaci solo dove essa non penetra. Il libro non è soltanto una esemplificazione specifica e importante della civiltà contadina, che fu per me la fonte della grande cultura intellettuale e spirituale e d’ogni arte; esso vi aggiunge, facendo la spola tra la secca trascrizione cronachistica e la sospesa e appassionata rievocazione dei frammenti di vita minuta, quei temi che hanno tendenza a immedesimarsi con la sostanza stessa dell’anima dei badolatesi, e ancor più sottolinea motivi e figure della povera nostra perduta infanzia, facendoli scivolare dietro il velo del ricordo e della rimembranza di tutta una stagione storica che si è frantumata e dissipata irreversibilmente.
Cordiali saluti,
Antonio Gesualdo



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