Data: 30/06/2007 - Anno: 13 - Numero: 2 - Pagina: 33 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Antonio Fiorenza (Altri articoli dell'autore)
Proverbiale, per alcuni della mia generazione, questa caratteristica figura di muratore, passata alla storia come sinonimo di persona che lavorava poco, con molta lentezza e scarse competenze, e, pertanto, poco pagata, dato il rendimento! Anzianotto, non molto alto di statura, piuttosto tarchiato, “u giarraru” visse a cavallo tra la fine dell’Ottocento ed i primi del Novecento, nel periodo in cui, nella Badolato dei nostri nonni, c’era tanta abbondanza e, per converso, non poca miseria, aggravata per alcuni da scarsa o poca propensione per il lavoro Il nostro era un personaggio molto popolare e, sotto certi rispetti, alquanto simpatico alla gente, per quella filosofia di vita che aveva messo in pratica nei quarant’anni e passi in cui era riuscito a sbarcare il lunario, nell’esecuzione di grossolani lavori di muratura. Di lui faceva menzione mastro Felice, buon’anima: quando un lavoro di “cazzuola, filo a piombo e regolo”, esigeva la massima precisione, per essere “a regola d’Arte, egli raccomandava di non fare come “u giarraru”, che “ minava ad arrunzara ” pur di essere sbrigativo! Il suo nome è legato, tra l’altro, alla recinzione di un tratto della base del castello, lato Est Sud-Est, non coperto da scarpata, mediante muri perimetrali che servivano a delimitare la proprietà del Cavaliere Gallelli -“u Cavaleri”-, che aveva acquistato il rudere, alla pubblica asta, in Catanzaro, per la simbolica somma di lire 105, per come riportato dallo storico Professore Antonio Gesualdo . Lavorava a giornata, per alcune ore, a volte, mi è stato riferito, -fonte mastro Felice- anche seduto, ovviamente , perché le condizioni fisiche non glielo permettevano, data l’età. L’opera realizzata, per quanto ricordi, era negli anni Sessanta una cinta muraria di parecchi metri, con porte e finestre, a regolare distanza e ad altezza di uomo, che delimitavano uno spazio per magazzini, da realizzarsi nel tempo, con sbancamento all’interno dello “scoglio” friabile, a completamento dei rispettivi vani, come si era fatto per la parte prospiciente Corso Umberto Primo, Annunziata e Fosso. Di questa cinta muraria e di quanto altro, non è rimasto nulla: oggi c’è la bella Piazza, base del cucuzzolo spianato del castello. è rimasta, invece, l’esortazione a non fare come “u mastru giarraru”, nei lavori che richiedono perizia, competenza, precisione e… ovviamente, un certo costo! Antonio Fiorenza
(1) - Con molta attendibilità, il soprannome troverebbe origine nell’occupazione di qualche antenato nella fabbricazione degli “argagni”, tra cui le “giarre”, grandi vasi ovali per l’olio fabbricati nella vicina Sant’Andrea dello Jonio.
Riprodurre la fotografia….. con la didascalia: (Foto V. Conidi) - Segmento di cinta muraria del “castello” |