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Autore:     Data: 31/12/2015  
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Data: 31/12/2013 - Anno: 19 - Numero: 3 - Pagina: 14 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

SULLA NASCITA DI BADOLATO MARINA - BADOLATO E MICELI - (seconda parte)

Letture: 1262               AUTORE: Pietro Cossari (Altri articoli dell'autore)        

Continua l’interrogazione in Parlamento dell’onorevole Miceli del 29 ottobre 1951 (ricavata
dagli atti parlamentari della Camera dei Deputati e della quale ho sottolineato una parte per evidenziarne
la richiesta che, accolta dalle autorità governative, avrebbe di lì a poco sancito il sorgere di
una nuova realtà urbana).
- MlCELI - «Passiamo al settore dei lavori pubblici. Qui si è sostenuta una cosa strabiliante, che
a Badolato, cioè, non ci sarebbero più disoccupati e che, ad una richiesta di lavoratori, avrebbe risposto
all’appello un numero inferiore al necessario. Non è vero. A Badolato stanno attualmente lavorando
45 operai nei lavori di ripristino delle strade campestri e 90 nel cimitero. È tutto. Si prevede che
solo per il ripristino delle strade campestri occorrerà aumentare tale numero a 200, perché essendo
cadute le olive, queste non potranno essere trasportate ai frantoi senza assicurare la transitabilità delle
strade. La verità è che anche sulla sciagura dell’alluvione si intende fare una speculazione: anziché
eseguire i lavori di riparazione con la normale prassi; si vogliono istituire dei cantieri di lavoro per
pagare gli operai metà di quanto dovrebbero essere pagati. Naturalmente gli operai, quando possono,
preferiscono lavorare presso i privati. D’altra parte io desidero denunciare al Governo che questa speculazione
è assolutamente ingiustificata: i cantieri di lavoro istituzionalmente hanno una loro ben precisa
funzione che non è certo quella di eseguire la riparazione degli edifici pubblici, dei ponti, ecc. Per
queste come per altre opere, i cantieri di lavoro non debbono assolutamente essere utilizzati: l’onorevole
Camangi sa che come per tutte le opere a carico dello Stato dovranno essere indette regolari aste,
con capitolati che tengano conto delle tariffe sindacali in vigore. Sottrarsi per i lavori più urgenti a
questa norma vuol dire speculare sulla disgrazia delle popolazioni meridionali per defraudare gli operai
di parte del loro salario. Un altro aspetto del problema è quello che si riferisce ai danni dell’agricoltura.
A questo proposito devo fare una precisazione. Signori del Governo, non so se voi abbiate
interesse a dire alla nazione che i danni sono molti o che sono pochi. Credo che abbiate interesse a
dire che sono pochi, cosi stanzierete meno denaro: questa è la morale spicciola della favola. Ma se
aveste migliori intenzioni, controllereste le fonti delle vostre informazioni, per esempio degli ispettorati
agrari provinciali. L’ispettorato provinciale agrario di Catanzaro ha denunciato che per tutta la
provincia di Catanzaro vi sono stati 900 milioni di danni ad impianti ed a terreni, e 161 milioni a frutti
pendenti. Ora io voglio darvi un semplice dato: nel comune di Badolato si sono perduti tutti i
pescheti che davano annualmente un quantitativo di pesche, per la sola vendita in provincia e fuori
provincia, di 25 mila quintali. Calcolate il prezzo delle pesche sulla pianta a 30 lire il chilo, ed avrete
in 75 milioni il valore del prodotto del pescheti del solo comune di Badolato. È un valore lordo,
evidentemente, perché vi sono le spese generali, quelle di coltivazione, di anticrittogamici ecc.
Decurtiamolo della metà per ottenere il valore netto: si tratta sempre di 37 milioni e mezzo.
Capitalizzate questi 37 milioni, a qualsiasi ragionevole tasso agricolo, e vedrete che il danno dei soli
pescheti nel comune di Badolato supera 700 milioni. Né potete obiettare che anche se sono state
distrutte le piante esiste sempre il terreno, perché chi è stato in quelle zone sa che sui pescheti in media
è depositato almeno un metro e 20 centimetri di terreno alluvionale assolutamente sterile: metri 1,20
di uniforme deposito, portano su ogni ettaro 12 mila metri cubi di terra. Attribuite un qualsiasi valore
per lo sterro, e vedrete che se si vuole recuperare il terreno dei pescheti, questo costerà almeno 2
milioni e mezzo per ettaro. Quindi l’alluvione ha causato la perdita non solo delle piante, ma anche
del terreno su cui le piante vegetavano. Ora, volete sapere quanto l’ispettorato di Catanzaro ha valutato
questi danni ai pescheti: lire 15.600.000 per tutta la provincia di Catanzaro! Questo quando in un
solo comune, quello di Badolato, il danno è stato di più di 700 milioni! Per questo, signori del
Governo, guardate bene alle fonti da cui vi arrivano le segnalazioni. Parlando della situazione agricola, il ministro Fanfani ed il sottosegretario Rumor hanno segnalato che la legge n. 31 del luglio 1947
potrà operare vantaggiosamente per il ripristino dei danni alluvionali. Mentre non sono d’accordo
sulla legittimità, e sull’opportunità di istituire cantieri di lavoro, sono d’avviso che attraverso sussidi
adeguati concessi attraverso la legge n. 31, si può fare molto: anche perché con il 68 per cento di contributo
si investe una manodopera in gran parte familiare pari al cento per cento. Però, allo stato attuale,
a che punto siamo? Io guardo agli aspetti concreti di una situazione che conosco, non mi perdo in
fantasticherie. Nella provincia di Catanzaro vi erano 110 milioni assegnati a suo tempo per i contributi
in base alla citata legge 31: vi sono state 3 mila domande per circa 2 miliardi. L’ispettorato, dopo
aver proceduto a tagli decisivi, ha potuto risparmiare su questo stanziamento 25 milioni. È questo
quello che dovrebbe essere investito per i danni alluvionali in agricoltura! Vi sono poi i 150 milioni
di cui si è parlato per tutte le province e di cui solo una frazione andrà alla provincia di Catanzaro. In
complesso si tratterà di somme assolutamente irrisorie! Ripeto, in riferimento al settore agricolo,
quanto ha detto testè l’onorevole Gullo sui danni in generale: voi non avete la sensazione dell’entità
vera dei danni che vi sono nelle nostre zone. Si tratta di danni che non rientrano nell’ordine di decine
o centinaia di milioni, ma per la cui valutazione occorre salire ai miliardi, a diverse unità di miliardi.
È logico che voi, specie per la politica che seguite, non siate in grado di stanziare immediatamente
diversi miliardi per i danni in l’agricoltura. Di questo ci rendiamo conto. Ma quello che pretendiamo
da voi è il sentirvi dire: noi sappiamo che nella provincia di Catanzaro vi sono questi danni in agricoltura,
e noi abbiamo preparato questo programma per ripararli: tanto attraverso la legge n. 31, tanto
attraverso la legge sui miglioramenti agrari, tanto attraverso il credito a determinate categorie di proprietari
e di imprese agrarie, etc… ed il tutto attraverso questa distribuzione ragionevole, nel tempo.
Questo da voi non ci è venuto. Ci sono venute promesse di pannicelli caldi che, come diceva l’onorevole
Spoleti, sono quelli che fanno disperdere denaro ed energia, senza concludere niente».
- RUMOR, Sottosegretario di Stato per l’agricoltura e le foreste - « Onorevole Miceli, io ho
annunziato un disegno di legge organico, che, naturalmente, verrà in discussione alla Camera».
- MICELI - «Noi vogliamo sperare che questi nostri interventi possano contribuire a che questo
disegno di legge sia organico, venga presentato al più presto e sia rispondente alle esigenze delle
popolazioni. Circa le opere igieniche, lo stesso sottosegretario Camangi ha ammesso che a Badolato
c’è ancora l’acquedotto interrotto. Sono d’accordo che gli acquedotti non si possono rimettere in un
giorno in efficienza. Ma quella popolazione da un mese - da quando, cioè, quell’acquedotto è interrotto
- attinge l’acqua da fontane situate fuori dell’abitato. Nel paese si sono riscontrati quattro casi
di tifo. Non si sa se la causa sia da ricercare nell’acqua oppure nel fatto che ci sono ancora delle
carogne in putrefazione sotto le macerie. Comunque, dopo molti giorni da quando sono stati inviati
i campioni dell’acqua superficiale, che quella popolazione beve, ancora non si è riusciti ad avere da
parte del medico provinciale di Catanzaro il responso circa la potabilità o meno di quell’acqua. Ora,
questo ed altri casi confermano quanto diceva l’onorevole Gullo, cioè, che non esiste coordinamento
fra i diversi provvedimenti. D’altra parte, si cerca di mantenere gli interessati lontani da ogni
forma di collaborazione per rendere efficienti le scarse e caotiche previdenze in atto, si vuole fare di
tutto un monopolio politico. Ad esempio, a Caulonia era stato costituito un comitato con la partecipazione
dei rappresentanti di tutti i partiti e delle organizzazioni sindacali. Ebbene, il prefetto ha
imposto lo scioglimento di questo comitato».
- MURDACA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale - «Non è vero».
- MICELI - «È verissimo: è rimasto il comitato costituito dal sindaco, dal prete, dal maresciallo
dei carabinieri, dai rappresentanti delle Acli e dal solo segretario della sezione della democrazia
cristiana. Posso portare le dichiarazioni degli interessati, che sono stati intimiditi e diffidati ad uscire
da questo comitato. C’è qualcosa di più. I1 prefetto di Catanzaro, ad onor del vero, gira molto per
i paesi alluvionati, forse per porre in risalto la sua figura fotogenica ma oltre alla sua presenza non
porta alcun contributo effettivo alla soluzione dei tragici problemi dei paesi alluvionati, e si rifiuta

perfino di ascoltare le popolazioni interessate. Egli ha impedito, per esempio, nel comune di Badolato,
il funzionamento di un comitato popolare. Non ha potuto impedire che la popolazione si interessasse
in concreto dei suoi problemi, perché la popolazione è tutta disastrata e sente il bisogno di riunirsi, al
di sopra delle tendenze, per rendere evidenti i suoi problemi, ma ha impedito che questa collaborazione
si estrinsecasse attraverso un organismo che riscuoteva la fiducia di tutti. I1 prefetto di
Catanzaro ha impedito, a Badolato, la requisizione dei fabbricati del barone Paparo da parte dell’amministrazione
comunale, che è amministrazione di sinistra. Non è vero quello che ha affermato l’onorevole
Bubbio: cioè che quei fabbricati non erano adatti di ospitare i sinistrati. Una parte del fabbricato
urbano del barone Paparo, effettivamente, è danneggiato, ma l’altra parte, che è distinta e separata
dalla prima, può essere adibita con tutta tranquillità ad ospitare una ventina di famiglie. Ebbene,
il prefetto si è opposto alla requisizione di tale fabbricato che è completamente vuoto. Ci sono poi
altre case di campagna del barone Paparo, composte di diversi ampi magazzini. I1 proprietario, per
non concederle, vi ha artificiosamente alloggiato dei suoi guardiani, che mai prima avevano occupato
tali case. Anche per questi fabbricati l’amministrazione comunale aveva disposto la requisizione
per i sinistrati; il prefetto di Catanzaro si è opposto. La popolazione sinistrata di Badolato non alloggia
nelle tende perché dopo l’esperienza del 1947, ha paura di rimanere sotto le tende sine die; essa
si ammucchia nelle poche case ancora in piedi e nelle stalle. In proposito vi posso dire che in due stanze
soprastanti alla camera del lavoro abitano 5 famiglie diverse con un complesso di 31 persone.
Questo stato di cose, giustificabile nei primissimi giorni del disastro, non si dovrebbe ammettere ad
un mese di distanza dalla alluvione: dovremmo già essere usciti dal carattere di provvisorietà degli
aiuti di urgenza. Ora, quale può essere ritenuto aiuto di maggior urgenza se non quello di decongestionare
questi ambienti così affollati da sinistrati? E come questo può essere effettuato, in pendenza
della costruzione di nuovi alloggi, se non requisendo ed assegnando gli ambienti disponibili?
Un’ultima domanda desidero rivolgere al ministro dell’Agricoltura. È stato detto: abbiamo mandato
il grano per la semina perché la Federconsorzi (bontà sua) ne ha dato mille quintali. Ma la provincia
di Catanzaro è stata esclusa dalla distribuzione, perché il grano è destinato solo a reintegrare le semine
distrutte, e nella provincia anzidetta in ottobre non si erano ancora fatte le semine. Ciò è vero. Ma
avete considerato che le popolazioni che hanno perduto la casa hanno perduto anche quel po’ di seme
che avevano? Soltanto a Badolato 30 famiglie hanno perduto tutto e quindi anche il grano da seme.
Come se le distruzioni non bastassero, nella stessa sera del disastro sono scoppiati anche 4 incendi.
Sono in grado di precisare alcune quantità di grano che sono andate distrutte. Ad esempio, Campagna
Vincenzo fu Antonio, oltre ad aver perduto tutto, ha perduto 8 quintali e mezzo di grano che aveva in
casa; Leuzzi Vincenzo ha perduto 6 quintali di grano da seme ed un quintale di fave. Quando nella
mia interrogazione chiedevo che nel Comune di Badolato venissero distribuiti 50 quintali di grano da
seme, intendevo riferirmi alle concrete esigenze di queste famiglie che con la casa hanno perduto
tutto. L’onorevole sottosegretario e l’onorevole ministro dell’Agricoltura, assumendo le informazioni
che io stesso mi sono affrettato a fornire all’ispettorato agrario, potranno venire incontro, tenendo
conto delle necessità della semina, a questi contadini che pur non avendo seminato hanno perduto il
loro seme a causa del disastro? Per i fatti che ho esposto, noi non ci dichiariamo soddisfatti, non già
delle dichiarazioni del Governo che sono ottimistiche, ma dei provvedimenti presi finora per soccorrere
le popolazioni danneggiate. Ci dichiariamo insoddisfatti e per quanto riguarda i provvedimenti
di urgenza e per la mancanza di una qualsiasi seria prospettiva atta a venire incontro alle esigenze di
quelle popolazioni. Infatti, voi dovete tener conto non solo dei danni. avvenuti, ma anche di quelli che
si verificheranno entro un brevissimo lasso di tempo se a quei provvedimenti non porrete mano. A
Badolato sono crollate o pericolanti circa 500 case, ma le altre 700 sono tutte lesionate e anche piogge
normali possono provocarne il crollo. Dobbiamo apprestare una casa a tutte queste famiglie, rimettere
in efficienza quelle che si possono riparare. Le case che inevitabilmente dovranno essere abban-

donate, devono essere sostituite da ricoveri invernali per accogliere le popolazioni sinistrate. Noi crediamo
che il Governo debba impegnarsi ed intensificare le sue provvidenze attuali e che i suoi aiuti
debbano perdere quel carattere di monopolio che hanno avuto fino a questo momento ed assumere un
carattere generale ed imparziale, servendosi della necessaria collaborazione popolare. Chiediamo,
altresì, che si provveda con larghezza di mezzi a realizzare un sistema di lavori che evitino i danni
immediati e che diano una prospettiva di sicurezza e di tranquillità alle popolazioni della Calabria».
Anche Fausto Gullo, nella stessa seduta del 12 novembre 1951 alla Camera dei Deputati citò
Badolato, eccone l’attinente stralcio cui fece riferimento Miceli: «…Mancanza quindi di un criterio
direttivo, la cui carenza si nota anche a non volerla notare. Non solo, ma c’è poi quella che del resto
costituisce la nota caratteristica di tutta l’azione del Governo in tutti i campi e quindi anche in questo,
quella cioè di voler escludere la partecipazione popolare, la partecipazione diretta degli interessati:
escluderla in modo assoluto. A Badolato, ad esempio, dove la sventura ha colpito tutta la
popolazione, l’intervento della cittadinanza avrebbe dovuto essere inevitabile: e invece, niente.
A Sant’Andrea sullo Jonio s’era formato un comitato, ma il prefetto è stato inesorabile: soltanto
il parroco, il sindaco e il maresciallo dei carabinieri. Nessun altro: oppure soltanto il segretario della
democrazia cristiana, come a Caulonia. E badate che s’erano costituiti i comitati cittadini indipendentemente
da qualsiasi colorazione politica, giacché c’erano in esso i rappresentanti della democrazia
cristiana, del partito repubblicano, del comunista, socialisti, ecc. E invece niente. Si è voluto evitare
che il popolo concorresse a sanare una piaga che è poi sua, venendo così ad aggravare quel senso
di diffidenza e di sfiducia per cui gli aiuti, già inadeguati, lo divengono ancora di più».
Sempre a Montecitorio, nella seduta antimeridiana del 20 dicembre 1951, durante la discussione
su alcuni provvedimenti a favore delle popolazioni colpite da disastri naturali, Gennaro Miceli intervenne
nuovamente parlando ancora di Badolato: «…A questo proposito io mi ricollego alla questione
già accennata delle responsabilità. Per il Mezzogiorno, il Governo ha alcune specifiche responsabilità
anche penali. Nel Comune di Badolato, alcune case hanno subito successivi danni da tre
terremoti, l’ultimo dei quali è stato quello del 1947. I1 genio civile ha dichiarato alcune di queste
case inabitabili e pericolanti. Ciò nonostante nulla fu fatto per demolire dette case, nessuna
somma fu concessa per ricostruirle, ed i possessori, di tali case, poverissimi, continuarono
ad abitarle. Durante l’alluvione dell’ottobre scorso, queste case furono le prime a crollare, ed
in una di esse ha trovato la morte il bracciante agricolo Criniti Antonio. La famiglia di questa
vittima, a nostro parere, ha tutto il diritto di rivalersi non solo dal punto di vista economico,
ma anche da quello penale su coloro che hanno consentito che una casa, la quale rappresentava
un pericolo per l’incolumità pubblica, rimanesse all’impiedi, e sul Governo che ciò ha provocato
non concedendo i fondi necessari per la ricostruzione. Evitare nuovi danni, scongiurare
l’aggravarsi degli esistenti è interesse di tutta la collettività nazionale; nessun motivo può essere perciò
valido a prolungare anche di un giorno il tempo necessario alla ricostruzione. Ma vi è anche un
altro interesse: quello dell’immediata ripresa dell’attività produttiva. È logico che occorre, con tutti
i mezzi stimolare l’iniziativa privata a riprendere le diverse attività nella zona; altrimenti la riparazione
dei danni, fine a se stessa, avrebbe scarso significato economico. Ma l’iniziativa privata non
può risorgere nella zona, se noi non mettiamo il profugo nella possibilità di ritornare sul posto per
riprendervi l’attività che prima vi esercitava, se noi non mettiamo il sinistrato rimasto sul posto nelle
condizioni di non dover più attendere ma di poter incominciare ad operare…».






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