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UN’ALBA DA MIA MADRE Dal balcone della mia casa, 17 marzo attorno alle sei Vito Teti
Autore:     Data: 30/04/2019  
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Data: 31/12/2016 - Anno: 22 - Numero: 3 - Pagina: 21 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

L’ALLUVIONE DEL 1951 TRA RICORDO, SPERANZA E FEDE.

Letture: 1442               AUTORE: Vittoria Squillacioti Calemme (Altri articoli dell'autore)        

Sono passati tanti anni ed è ancora vivo nella mia mente il ricordo dell’alluvione avvenuta
Ottobre 17 - 1951. Avevo solo 14 anni e ricordo che piovve per 40 giorni consecutivi. I muri delle
case e le strade non contenevano più la troppa acqua e cominciarono a spaccare. Gl’ingegneri
giravano per le strade del paese per controllare il pericolo e ci raccomandavano se vedevamo muri
lesionati di lasciare subito la casa. Dalla terrazza di casa mia vedevamo il fiume della Provvidenza
che durante l’estate era quasi asciutto e nell’inverno scorreva poca acqua, ma durante i 40 giorni di
pioggia s’era molto ingrossato. Il quarantesimo giorno fu terribile, d’un colpo le gocce della pioggia
cadevano mai viste così grandi che sembravano grandine. In quel momento spaventoso il fiume è
diventato un mare, ha straripato e portava con l’acqua alberi interi, casette coloniche, ferramenti
di campagna, letti, e pezzi di mobilio. In quel momento terrificante tutti abbiamo pensato che era
la fine: avrebbe portato via anche noi con le nostre case. Eravamo tutti sconvolti e terrorizzati,
fu un momento spaventoso e proprio in quell’istante abbiamo sentito suonare le campane della
chiesa e ai primi rintocchi la pioggia cessò di colpo. Erano le campane della chiesa della Madonna
della Provvidenza che distava pochi metri dal fiume. In quel momento di paura e sbigottimento
ci sembrava impossibile che qualcuno si azzardasse di andare alla chiesa, il fiume se li poteva
portare via. Invece due brave e coraggiose persone di grande fede, mettendo a rischio la loro vita
decisero di andare a portare in salvo la statua della Madonna, prima che il fiume se la portasse
via con la chiesa. Erano una donna e un uomo del mio vicinato, Caterina Ermocida (Addavi) e
mastro Vincenzo Abate (un mio cugino). Per arrivare alla chiesa dovevano percorrere una ripida e
pericolosa discesa, una stradina inzuppata d’acqua e fango, ma ce l’hanno fatta, superando anche
la paura che la chiesa era già piena d’acqua. In fretta hanno preso la statua dall’altare e l’hanno
portata fuori. Caterina si tolse il grembiule (u farìili) e coprì la testa della Madonna. E prima di
cominciare la salita hanno suonato le campane. Nonostante il troppo peso della statua per due
persone e la strada rischiosa, miracolosamente ce l’hanno fatta: la Madonna era sana e salva nella
parte alta del paese. Fu veramente un miracolo, la Madonna ci ha salvato tutti.
In quel momento terribile una parte di case sono cadute e la Madonna fece un secondo miracolo:
gli abitanti delle case cadute fecero in tempo di scappare dalle abitazioni prime che cadessero, e
morì soltanto una persona. Ma i problemi continuarono. Nel momento della forte pioggia venne a
mancare la corrente elettrica e si sono rotti pure i tubi dell’acquedotto, e non avevamo acqua per
bere. Intanto nelle case cadute, dove erano accesi i bracieri perché faceva freddo, al crollo dei muri
e dei tetti si sviluppò un incendio, con il pericolo che passasse alle case intatte e abitate. Intanto
mancava l’acqua ai rubinetti, e il fuoco fu spento con il terriccio delle case cadute.
Gli abitanti delle case crollate hanno perso tutto; sono scappati via soltanto con i vestiti che
indossavano, ma grazie alla Madonna erano vivi. Eravamo isolati perché i ponti erano rotti. Avevamo
bisogno d’aiuto, e ci siamo aiutati l’un con l’altro come abbiamo potuto. Le famiglie erano divise,
quelli che scapparono trovarono alloggio in casa di parenti e amici e col tempo ci siamo tutti ritrovati.
In seguito venne da Roma a trovarci il Presidente della Repubblica Einaudi. Arrivò con la macchina in
Piazza Fosso e i cittadini Badolatesi eravamo lì ad aspettarlo. Ci vide tutti tristi, depressi e scoraggiati
con le lacrime agli occhi. Si è molto commosso e ci diede tanto incoraggiamento. Ci promise
d’aiutarci, difatti ci mandò viveri e coperte di lana e tutto fu distribuito a chi ne aveva bisogno. In
seguito furono costruite le palazzine in Marina e consegnate alle famiglie senza tetto.
È un ricordo triste del mio passato, del mio caro paese fra i tanti belli ricordi che non dimentico
mai. Desidero ringraziare il Direttore de La Radice il Professore Vincenzo Squillacioti e tutti i collaboratori che fanno tanto lavoro per portare avanti questo bello Periodico, per farlo giungere a
noi emigranti tanto lontani dal nostro paese; appena lo ricevo lo leggo subito e lo metto giù quando
l’ho finito. Grazie di cuore e vi sono riconoscente per la gioia che mi dà. Mi riporta indietro di
tanti anni e mi fa rivivere i giorni belli della mia gioventù trascorsi nel mio caro paese. È una gioia
immensa. Porgo a tutti cari saluti e tantissimi auguri di un Felice e Santo Natale e Buon Anno.
Cordialmente.
Vittoria Squillacioti Calemme
(Da parte nostra un sentito ringraziamento all’appassionata lettrice per la puntuale ed
emozionante pagina di un doloroso e non tanto lontano momento della nostra storia. Lo stesso
particolare episodio è stato visto e narrato su questo periodico con altri occhi e da un’altra
angolazione: i due scritti si integrano e si arricchiscono vicendevolmente, motivo per noi di
ulteriore soddisfazione. – Ndd)


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