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Data: 30/06/2022 - Anno: 28 - Numero: 1 - Pagina: 7 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

LE MARINE E I BORGHI

Letture: 482               AUTORE: Ulderico Nisticò (Altri articoli dell'autore)        

Secondo antichi storici calabresi, avvenne, verso l’VIII secolo, una fuga precipitosa dei rimasti
sul mare, che trovarono confuso riparo sui colli. Poi si organizzarono, per volere di Niceforo II; e
di ciò noi abbiamo scritto più volte anche su “La Radice”.
lo ci credo sia successo, perché, verso il 1950-60, è avvenuto lo stesso in senso contrario: la fuga
precipitosa dai borghi, e la confusa, casuale nascita delle marine. Vale per quasi tutte tranne Isca:
ma un qualsiasi studente del l° anno del Geometra avrebbe saputo disegnare un piano regolatore,
di cui le marine si appalesano essere state del tutto prive. Primato del peggio, dalle nostre parti,
Montepaone e Davoli. C’è il peggio del peggio altrove, ma qui non c’interessa.
La nascita di Badolato Marina, che dobbiamo riconoscere essere stata meno tumultuosa che
altrove, si dovette a un evento catastrofico: l’alluvione che colpi la Calabria, come poco prima
il Polesine e altro; dopo una non facile discussione, si optò per il trasferimento di alcuni nuclei
familiari. Vennero costruite alcune case rapidamente, anche se molto più lento fu dotarle dei servizi
essenziali. Il 24 marzo 1952, comunque, vennero consegnate le chiavi ai destinatari, e lo fece
l’allora presidente del consiglio, il democristiano De Gasperi; e, in una Badolato detta allora la
Stalingrado del Sud, forti contestazioni da parte comunista. Altri tempi, e di fronte alla povertà
della politica del 2022, quasi quasi alla notizia mi commuovo!
Per meritoria e solerte iniziativa del Circolo “Nicola Caporale”, la circostanza è stata ricordata
da due momenti che sono riusciti a coniugare letizia, solennità e compostezza: scopertura di una
targa; e convegno di studi.
È stata posta, in quest’ultima occasione, una domanda che, se è nelle coscienze di tutti, è poco
analizzata, mentre sarebbe necessario rispondere: qual è il rapporto, nel 2022, tra le marine e i
borghi collinari?
Curioso è che, stando alle forme, le marine sarebbero solo delle frazioni; infatti, tutti i comuni
dello Ionio (con l’unica eccezione di Soverato, e dal 1881) hanno la sede municipale nel borgo,
anche nei casi, sotto gli occhi di tutti, in cui nel borgo c’è praticamente il municipio e basta.
Le strade comunali sono, un poco per natura e un poco per incuria, non facili da percorrere.
Le costiere “frazioni” sono in realtà nettamente predominanti e per numero di abitanti, e per
attività economiche. È notevole, sotto il profilo sociologico, che, in molti casi, gli abitanti delle
marine non siano più solo cittadini degli antichi insediamenti scesi a mare, ma forestieri attratti da
potenzialità economiche e lavorative; e che non hanno radici nei borghi.
Al contrario, le marine, sorte, come dicevamo, a caso e senza un’idea, sono niente altro che case
e negozi; e senza luoghi naturali di aggregazione quali erano, nei secoli, le piazze e le “rughe”; e
senza parentele e altre forme di comunità. Gli edifici di pregio, alcuni anche di grandissimo pregio,
sono tutti nei borghi; e questi, da qualche anno, attraggono visitatori e studiosi, e persino residenti.
Residenti, s’intende, perché amatori dei borghi, e in cerca di una dimensione spirituale e
tradizionale; e che consentono tranquillità di studio e di creazione poetica e artistica. La Badolato
storica è un buon esempio di valorizzazione. Si pensi all’evoluzione del termine “catojiu”, da
sotterraneo, a casa vecchia usata come cantina, infine a ristorante tipico. Ecco un modello da
studiare e ripetere.
Quello che invece mi pare impensabile, anzi dannoso, è che si pensi a un “ripopolamento” dei
borghi, per l’evidente ragione che non sarebbero più borgo, bensì selva di paraboliche percorsa
da automobili; né si può pensare. Su questo mi piacerebbe si discutesse senza ideologie fumose e
senza utopie.
I borghi hanno una loro dignità urbanistica, non senza opere d’arte e di artigianato di qualità.
E possono essere luogo di quello che si chiama turismo esperienziale, con i sapori e gli odori e la
gastronomia e la lentezza di un tempo. E sono circondati da una natura ancora quasi intatta, e poco
conosciuta, con angoli fascinosi.
Alcuni veri monumenti - e ricordo solo il solenne San Domenico di Badolato, ma potrei
continuare - possono divenire da soli attrattiva, a parte che hanno urgenza di congrui interventi.
Direi che il problema si risolverebbe ricostituendo l’unità dei paesi, però ciascuna parte con la
sua ben diversa identità. È un compito per le realtà sociali e le associazioni culturali.
Ne parliamo?


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