Data: 31/12/2009 - Anno: 15 - Numero: 3 - Pagina: 36 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Vincenzo Squillacioti (Altri articoli dell'autore)
Chi potrà mai scrivere la storia dell’emigrazione badolatese? Nessuno, si può senz’altro rispondere, perché non c’è chi ha interesse e voglia, non c’è chi ha energie e capacità, non c’è chi ha tempo e disponibilità. E poi… a quale archivio si attingerebbe? A quello pubblico, comunale, non più, perché le nostre numerose secolari carte son diventate carta igienica da un paio di decenni. Nelle case private, poi, non c’è più niente: quel poco che c’era (passaporti, lettere, libretti di risparmio, ecc.), se c’era, è diventato spazzatura, in questi ultimi decenni in particolare. Eppure quanta umanità nelle storie delle migliaia e migliaia di persone che dal 1870 ad oggi hanno lasciato Badolato, pochissimi per libera scelta, i più perché obbligati, per sopravvivere, per vivere, per riscattarsi, per realizzarsi. In questi ultimi decenni, scomparsa l’emigrazione di massa che ha caratterizzato alcuni tristi periodi della nostra storia, assistiamo impotenti all’emigrazione dei cervelli, ché qui da noi rimarrebbero improduttivi e passivi. Per alcuni la destinazione è il resto d’Europa oppure oltre Oceano. Per tantissimi la meta da tentare è Roma, o Milano, o Bologna, o Torino: il più delle volte la città dove si è conseguita la laurea. E non sono pochi, tra questi nostri giovani, quelli che si affermano egregiamente nella nuova patria: architetti, avvocati, commercialisti, generali, giornalisti, ingegneri, manager, medici,… È pressoché impossibile seguirli tutti. Abbiamo letto di recente, sulle pagine di un quotidiano a tiratura nazionale, della particolare esperienza del nostro Giuseppe Iannone, giovine appartenente a una famiglia di insegnanti trapiantatisi a Badolato tanti anni fa. Conseguita la laurea all’Università di Siena, il nostro Giuseppe è partito per l’Olanda dove è rimasto quattro anni a insegnare lingua italiana. Ma nei Paesi Bassi ha pure conosciuto “Systema”, arte marziale “riservata fino a qualche tempo fa all’élite militare russa e poco nota dalle nostre parti”. Passato in Germania è stato a scuola di “Systema Russa”. Rientrato a Milano il nostro professore ha trovato lavoro in un’agenzia di interpretariato e traduzioni. Ma, non volendo sentirsi un “uccello in gabbia”, ha osato abbandonare il lavoro per poter realizzare il suo sogno: una sua scuola di Systema, dove insegna ormai dal mese di settembre. “È un metodo funzionale -egli sostiene- sul piano fisico per difendersi da eventuali aggressioni. E a livello psicologico aiuta a gestire lo stress, insegnandoci ad affrontare le nostre paure e ansie e rendendoci maggiormente padroni di noi stessi e delle nostre azioni”. Sentiti auguri da noi tutti de “La Radice”, caro professore: che “Systema” sia il sistema migliore per la tua ulteriore crescita e per un lungo brillante cammino! |