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Data: 31/03/2006 - Anno: 12 - Numero: 1 - Pagina: 19 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

Buona, questa Cadrega!

Letture: 1385               AUTORE: Giuseppe Brancia (Altri articoli dell'autore)        

(Lieti di constatare che la presente rubrica non è scomparsa sul nascere, abbiamo il piacere di ospitare lo scritto -un po’ agrodolce, in verità- di un altro nostro amico badolatese “emigrato”, attento e sensibile lettore de “La Radice”: parliamo del medico Pepé Brancia, la cui casa -ci è gradito ricordarlo- è stata per così dire la “culla” della nostra Associazione, per avere ospitato tutti gli incontri della fase di gestazione (e non solo). E la padrona di casa, Graziella Caporale, è tra i più convinti soci fondatori.
Leggiamo, quindi, l’interessante riflessione dell’amico dottore Pepé.)

“Buona, questa Cadrega!”

“Lei è calabrese?”
“ Noo! Io no! Io sono milanese a tutti gli effetti.”
“Mi scusi ma ho domandato perché la cadenza mi era sembrata familiare, per il fatto che io sono calabrese!”
“Cioè… io sono milanese ma i miei sono di origini calabresi.”
_________________________

“Lei è calabrese?”
“Sì, di origine, ma ora abito al Nord. Però io non mi vergogno di essere calabrese!”
_________________________________

Quante volte è capitato di vivere queste situazioni! Quanto tempo ho atteso nella vana speranza e illusione che si trattasse di episodi eccezionali. E invece!

Fratelli calabresi, “Considerate la vostra semenza”, scriveva Dante, “fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”.
Il valore più nobile è essere se stessi a prescindere dalla terra che dà i natali o il paese nel quale si risiede. L’uomo è da considerarsi per quello che è e non per quello che ha, né lo sforzo di cambiare la propria naturale cadenza dialettale lo fa apparire più colto, più intelligente, più grande, più giudizioso o… più moderno. Ognuno di noi è se stesso in ogni angolo della Terra e non deve avere paura di essere considerato “diverso” se è nato in un paese del Sud piuttosto che in un paese del Nord.
Ricordiamo sempre che prima dell’Era moderna che ci ha propinato auto, treni e aerei, i mezzi di trasporto e di comunicazione erano le navi. E le navi solcano i mari e la Calabria è bagnata da 3 mari. Ricordiamo sempre che il dialetto è cultura e che il nostro è il simbolo emblematico della cultura senza, con questo, sminuire o declassare gli altri dialetti. Unicuique suum! A ciascuno il suo!
“Io non mi vergogno di essere calabrese…”. Questa è la seconda “sfumatura”. Detto in questi termini è, secondo la psicanalisi e la logica, segno di Autofrustrazione. Vuol dire che nell’inconscio si ha la convinzione di essere inferiori. Altrimenti non andrebbe sottolineato “… sì ma non mi vergogno”.
Vergognarsi? Di cosa? Di essere figli di una terra povera ma meravigliosa nella sua forza e nella sua bellezza naturale? Ma dove esiste al mondo una terra che consente di vivere a 100 metri dalla riva del mare e in 45 minuti andare a sciare sulle nevi della Sila? Sento già il coro di voci di tanti lettori che obiettano: “Sì, ma chi ha fatto qualcosa per quella terra? I politici cosa hanno fatto per valorizzare la Calabria?” è vero, proprio vero, ed è per questo che ognuno dovrebbe assumersi le proprie, se ci sono, responsabilità. Noi no! Noi dobbiamo tenere alta la voce della Calabria e dobbiamo farlo con le nostre forze (che sono tante!), il nostro amore, la nostra difesa a spada tratta, e con l’orgoglio di gridare al mondo intero: “Siamo Calabresi, viva la Calabria, viva la nostra Cultura, viva il nostro DIALETTO!”
Ricordiamo sempre che mai (almeno io) abbiamo sentito un fiorentino, un bolognese, un milanese, un torinese e via di seguito, venire in Calabria e rinnegare il proprio dialetto. Ricordiamo sempre che qui al Nord abbiamo portato dalla nostra terra le braccia per costruire case, grattacieli e industrie, e cervelli che collaborano nel campo medico, scientifico, tecnico, architettonico, giuridico e quanto altro.
Abbiamo reso ricchi gli altri e più poveri i calabresi, e perciò non possiamo accettare che in questa nostra Italia nel 2006 ci sia chi è convinto di essere superiore perché vive a Milano invece che a Catanzaro. Questo no!
D’Azeglio, dopo l’Unità d’Italia, aveva gridato: “L’Italia è fatta, adesso bisogna fare gli Italiani”. Noi calabresi cerchiamo di convincere noi stessi per primi, che purtroppo ancora bisogna fare l’Italia.
Viva la Calabria, viva BADOLATO, viva i Calabresi, viva i Badolatesi!



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