Data: 31/12/2016 - Anno: 22 - Numero: 3 - Pagina: 14 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
CALABRIA, INVASORI E INVASI. |
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AUTORE: Ulderico Nisticò (Altri articoli dell'autore)
Premesso che intendo qui omettere ogni mio parere sull’attualità, lasciatemelo dire che la Calabria si presta, per geografia, a essere invasa; e questo è avvenuto molte volte. Anche gli Enotri pare venissero dalla Grecia; e i Siculi da oltre le Alpi, lasciando per strada il piccolo popolo dei Latini; i coloni greci sono, alla fine, degli emigrati da casa loro (“apoikia”), e quindi immigrati sulle nostre coste; Lucani e Bruzi sono dei “Sanniti” che, per primavere sacre, inviarono spedizioni sempre più a sud; i Romani inviarono frequenti colonie; si spinsero fino al Crati e al Savuto i Longobardi; gli imperatori d’Oriente presidiarono i “kastellia” con contadini soldati di ogni provenienza; e non saranno mancati apporti normanni e francesi, tedeschi, spagnoli; molto rilevante la presenza degli Albanesi nel XVI secolo. Tutto questo è, o dovrebbe essere noto. Molto di meno lo sono i nomi e le vicende di alcuni di questi tantissimi invasori, e qui ci svaghiamo a raccontarne qualcuna. Tra gli invasori mitici: Ercole a Crotone; lo sfortunato Filottete, fondatore di Petelia, Cremissa, Crotalla e Macalla; Oreste che scontò il matricidio varcando sette fiumi tirrenici; Menesteo, fondatore di Scillezio; Enotrio, figlio di Licaone ed eponimo del suo popolo. Possiamo ritenere storici Is, fondatore di Sibari; Miscello, che scelse con Crotone il luogo più salubre del mondo; Tifone, di Caulonia. Immigrati più recenti furono Pitagora di Samo, Erodoto e Lisia che vissero a Thuri. Reggio ebbe origine, secondo Giuseppe Flavio, da Aschenez pronipote di Noè; giunsero poi i Calcidesi ionici, poi i Messeni dorici, poi i Focesi. Breve ma violenta l’invasione di Dionisio il Vecchio. Ormai deboli, le città italiote cercano soccorsi: ed ecco Alessandro Molosso, zio del Macedone, che prende Cosenza e paga, come diremo tra poco, con la vita; Archidamo, Cleonimo, Agatocle, Pirro. Annibale, ormai deluso nel suo sogno di prendere Roma, si ritirò tra i Bruzi negli ultimi anni della sua avventura, e lasciò il nome di Castra Hannibalis a una città. Spartaco, alla testa di schiavi ribelli, vorrebbe imbarcarsi da Reggio su navi di pirati, che lo tradiscono; Crasso scava un fossato nell’Istmo, ma Spartaco lo varca, per combattere l’ultimo scontro in Campania. Sesto Pompeo, figlio del Magno, prende Cosenza, e anche lui poco dopo muore, come tutti coloro che assaltano la città. Corse una brutta avventura in Aspromonte lo stesso Ottaviano. Conosciamo poi tantissimi nomi di cittadini romani, compresi quelli palesemente greci; sono, in sette secoli, pacifici e prosperi proprietari, contadini, artigiani, allevatori. Nel 410, Alarico, re dei Visigoti, saccheggiata la stessa Roma e altre città, vorrebbe raggiungere l’Africa; respinto da una tempesta, tornò verso nord e morì a Cosenza. Venne sepolto, e forse con qualche oggetto: ma le tonnellate d’oro e d’argento sono una ciclopica bufala. Goti e bottino furono condotti in Spagna da Ataulfo e Galla Placidia. I Longobardi stabilirono gastaldati a Cassano, Cosenza, Laino e Malvito. Longobardi è nome di un comune e di una frazione di Vibo; Lippranno, forse, ricorda un Liutprando. Tutti i nostri paesi collinari sono “kastellia” e fortezze dell’Impero d’Oriente per difesa contro i Saraceni. Ma questi, come abbiamo scritto, vennero spesso, forse più spesso, come contadini e commercianti, infine insediandosi e convertendosi. Nel 903 il valoroso e feroce Ibrahim (Abramo), conquistatore di Taormina, mosse contro Roma; assalì Cosenza, ma, come Alessandro e Sesto, muore, o di fulmine, si narra, o di dissenteria. Ancora la magia della città. Sono note anche molte colonie ebraiche, poi espulse dagli Spagnoli: ma si ha fondato motivo di credere che il provvedimento sia stato spesso aggirato. I primi Albanesi sono quelli di Demetrio Rezes, alleato degli Aragonesi; altri giunsero con Scanderbeg: furono discendenti di questi la principessa Giovanna maritata Carafa, fondatrice di Castriota poi Cicala; e Irini maritata Sanseverino di Bisignano, che chiamò moltissimi Albanesi; gli ultimi furono i Coronei, eroici difensori della città peloponnesiaca di Corone. Alcuni Albanesi mantengono lingua e tradizioni, e hanno una diocesi romana di rito greco a Lungro; molti altri sono stati assimilati. La Calabria fu, piuttosto marginalmente, coinvolta nelle guerre europee: ricordiamo però l’assedio francese vittoriosamente affrontato da Catanzaro nel 1528. Numerose e feroci le incursioni turche: ne abbiamo già molto parlato, e ricordiamo solo il trionfo di Lepanto, cui parteciparono molti combattenti calabresi, e il saccheggio di Reggio, Badolato, Soverato nel 1594. Vennero condotti in Calabria anche schiavi “turchi”, a qualunque delle infinite stirpi dell’Impero Ottomano appartenessero. Vanno ricordate, con le guerre giacobine e napoleoniche, cinque sbarchi ottocenteschi. Una spedizione navale inglese sconfisse i Francesi a Maida; Murat, come che sia andata, e qui ricordiamo gli studi del Durante, nel 1815 tentò il ritorno nel Regno, e finì, il 13 ottobre, fucilato; Garibaldi sbarcò, il 19 agosto 1860, a Melito, sotto gli occhi miti degli impiegatizi ammiragli e generali borbonici; ma due anni dopo trovò sull’Aspromonte il duro bersagliere Pallavicini che non esitò a sparargli addosso. Anche il Borjes, generale spagnolo cui Francesco II si era affidato, sbarcò a Brancaleone; non incontrò le forze promesse, e morì fucilato in Abruzzo. L’ultimo sbarco armato, quello degli Angloamericani; ma sopravvenne subito l’8 settembre. Di queste presenze restano in Calabria infinite tracce linguistiche: cognomi e toponimi, e parole; e costumanze; e, molto evidenti ma non dimostrabili, fattezze fisiche. Gli sbarchi di questi ultimi anni sono cronache di intenzioni di rapido passaggio, in una Calabria che ha pochissimo per sé e nulla da offrire a forestieri.
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