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Data: 31/03/2003 - Anno: 9 - Numero: 1 - Pagina: 10 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

CONFORMEMENTE

Letture: 1221               AUTORE: Vincenzo Squillacioti (Altri articoli dell'autore)        

Non sarà sfuggito ai lettori assidui e puntuali de “La Radice” che il protagonista più ricorrente di questa rubrica è “Poste Italiane”. Ma nutriamo la speranza che non si siano erroneamente convinti che noi ce l’abbiamo con questa grande azienda, mista di pubblico avallante e di privato interessato. I nostri lettori avranno certamente recepito che noi, nell’impossibilità di scrivere di tutto quanto sta trasformando l’umanità in opulento pascolo di grandi e piccoli compari dei cinque continenti, ovviamente in nome dell’aziendalizzazione, della modernizzazione, della globalizzazione… , puntiamo l’attenzione soltanto su qualcuno di quegli schiavizzanti aspetti del potere politico-economico che ci toccano più da vicino, perché più immediatamente visibili e concreti. Pertanto, interessandoci noi di comunicazione, ed avendo rapporti epistolari con ogni parte del mondo, e ricevendo dai lettori gli spontanei e necessari contributi per stampare e per spedire il periodico, il nostro rapporto con Poste Italiane è quotidiano. Per cui non poteva sfuggirci che dal 1° gennaio 2003 la tassa per un versamento in c.c.p. è passata da 0,77 a 1,00 euro. In un momento in cui l’ISTAT e il governo nazionale negano spudoratamente che il costo della vita è balzato a cifre alte e asseriscono che l’inflazione è intorno al 2,4 %, Poste Italiane aumenta -in nome della legge, ovviamente- la tassa per un versamento in c.c.p. di 0,23 euro, pari a £ 445,342, pari a 29,87 %, rispetto a 0,77 euro che si è pagato sino al 31 dicembre 2002. Che poi, si badi bene, la tassa di 0,77 euro è stata mantenuta soltanto per due anni (2001 e 2002). E la precedente, di 1200 lire, soltanto per tre anni. E quella ancora prima, di 1000 lire, anch’essa per due anni… Bisogna risalire al 1986 per trovare una tassa (£ 700) che durerà cinque anni. E al 1965 per trovare una tassa (£ 50) che è durata undici anni. Ma, si sa, l’appetito vien mangiando! Così come si sa -chi vuole saperlo- che quelli erano tempi in cui le “Poste e Telecomunicazioni” erano dello Stato, che non aveva né il compito né l’interesse di schiavizzare il personale, e non depauperava l’utenza e raccoglieva tanti di quei soldi da realizzare la più grossa banca d’Italia (la “Cassa depositi e prestiti”), che prestava soldi a tutti gli Enti locali della Nazione. Oggi, invece, lo Stato… Che cosa è lo Stato?!
Abbiamo tra le mani una tabella pubblicata dall’ISTAT, “La lira dal 1861 ad oggi”: con un calcolo piuttosto elementare troviamo che le 50 lire del 1965 corrispondono oggi a £ 742, non a £ 1936,27 (1 euro). E per fortuna (di chi?!) che è stata ammazzata la scala mobile!
Finiamo con un’ultima nota che qui diventa più dolorante.
Nel 2002 i contributi versati dai lettori a “La Radice” ammontano a 4402,11 euro, pervenuti a mezzo n° 188 bollettini di c.c.p.: quanti di questi euro sono finiti nelle casse di Poste Italiane, ovviamente per servizi resi? Ecco una sintetica distinta:
- commissioni di accreditamento E 56,40
- tenuta conto “ 60,00
- competenze erogazione competenze liquidazione “ 13,99
------------------------------------------------------------------------------
totale E 132,97
- a carico dei contribuenti per i versamenti “ 144,76
------------------------------------------------------------------------------
totale E 277,73, pari a 5,173 %
- spedizione periodico (4 numeri) E 828,00, pari a 18,809 %
- corrispondenza varia con i lettori E 72,75, pari a 1,652 %
Lo Stato ha prelevato imposte per E 55,76, pari a 1,271%:


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