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Data: 30/06/2003 - Anno: 9 - Numero: 2 - Pagina: 4 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

COSA RESTA DEI BIZANTINI NEL MEDIO IONIO?

Letture: 1209               AUTORE: Ulderico Nisticò (Altri articoli dell'autore)        

Quando con la conquista normanna vennero meno prima il potere politico dell’Impero Romano d’Oriente, con il ritiro delle truppe e degli ultimi funzionari, e, pochi anni dopo, ogni legame disciplinare tra le diocesi calabresi e il patriarcato di Costantinopoli, la nostra terra divenne, o ritornò, latina. Non per questo si potevano perdere le memorie dei sei secoli in cui la Calabria era stata una terra bizantina, e sebbene se ne sia affievolita la coscienza popolare, molte tracce ancora vive appaiono agli occhi dello studioso.
Le più radicate sono le parole greche del nostro dialetto, ma troppo lungo sarebbe farne un elenco, e del resto la nostra rivista lo fa da sempre per la parlata badolatese. Occupiamoci piuttosto della toponomastica, delle tradizioni e delle tracce materiali.
Queste tuttavia non sono molte, per la nostra pervicacia nel costruire e ricostruire spesso negli stessi posti. Certo chiese e conventi come la Sanità, il Trono, S. Barbara, S. Caterina d’Alessandria, S. Pantaleone, S. Gregorio Taumaturgo, S. Basilio Scamardì, S. Nicola, sanno di fondazione bizantina: ma è ben difficile indovinarne la storia edilizia, in secoli di rifacimenti o per terremoti o per variare di stili o per cattivo gusto ammodernatore. Forse solo la chiesetta del Campo a S. Andrea è stata abbandonata abbastanza tempo da mantenere caratteri originari. Sono più genuine e intatte le laure di Stalettì, studiate dalla Zinzi; e la fortezza del Castrum. Laura antichissima e tuttora adibita al culto è la fascinosa Grotta di Monte Stella in quel di Pazzano. Troppo nota è la Cattolica di Stilo.
È quasi tutto quel che rimane di materiale. Ma è ricchissima la toponomastica che ci lascia intuire la presenza di istituzioni civili, militari, religiose di età bizantina.
Dei nostri paesi, che, quasi tutti, risalgono all’ultima età bizantina, portano un etimo greco Stilo, S. Caterina, S. Andrea, Isca, Davoli, S. Sostene, Petrizzi, Stalettì, Squillace, e, probabilmente, Badolato e Montauro; vero che sono palesemente latini Satriano e Soverato, per non dire dei recenti Guardavalle e Gasperina.
Molte sono le località, contrade, frazioni che contengono la parola “papa”, e furono dunque proprietà di un prete greco di nome Andrea, Giovanni, Luca... Ma il torrente Caccavari fu forse di un katakabaris, un viceammiraglio. E il torrente Callipari fu di uno chiamato “bella guancia”.
Innumerevoli sono, soprattutto nelle campagne, toponimi del tipo San Nicola, Sant’Andrea, Santa Caterina, e l’evidentissimo Santa Trada, Triàda, la SS. Trinità.
I santi patroni dei nostri paesi ci portano spesso a culti del lontano Oriente: Nicola, Teodoro, Caterina, Barbara, Pantaleone, Gregorio, e Agazio patrono della diocesi. Sono spesso santi militari, propri di quei soldati che vennero a difendere i nostri kastellia, i borghi fortificati.
Resta da dire dei cognomi, che sono la prova più certa della diffusione dell’elemento di cultura, quando non di diretta origine greca: Alì, Aloi, Armarà, Arconte, Blefari, Argirò, Caccamo, Calà, Caliò, Caligiuri, Callipari, Callipo, Callisti, Cantorato, Catapano, Catricalà, Cefalì, Cirillo, Corasaniti, Crea, Critelli/o, Destito, Drungadi, Fera, Femia, Foti, Fotìa, Fragomeni/o, Froio, Galati, Ghamo, Ielo, Ieraci, Iero, Lagani, Lico, Lioi, Logoteta, Macrì, Macrina, Manglaviti, Melia, Migale, Mirarchi, Nesticò, Nisticò, Palaia, Papa, Papandrea, Paparazzo, Papasodaro, Parafati, Paravati, Pelaia, Pirrò, Polimeni, Politi, Procopio, Proto, Raffa, Rattà, Romeo, Romiti, Sestito, Sgrò, Santopolo, Sinclitico, Sotira, Spanò, Spasari o Spatari, Staropolo, Straticò, Stratoti, Tassone, Teti, Tiani, Trimarchi, Tripodi, Zangari.
Ma tutti, cognomi e toponimi, e del resto anche le parole greche del nostro vocabolario dialettale, sono ormai solo relitti storici e linguistici, in un ambiente latino e italiano.


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