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Data: 30/11/1994 - Anno: 1 - Numero: 2 - Pagina: 11 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

FUOCHI D'ARTIFICIO

Letture: 1344               AUTORE: Vincenzo Squillacioti (Altri articoli dell'autore)        

E' cominciata ieri, alle 19, l'agonia di Rubino. È durata solo mezz'ora, ma è stata impetuosa e travolgente come quella del marinaio ingoiato dal Maelström.
Sebbene in pieno agosto, il tempo minacciava la pioggia, ieri. È ancora quasi agreste la gente di qua, nonostante già faccia continuo uso del televisore e beva l'acqua ghiacciata dei frigoriferi. Tale è ancora rimasta specialmente in fatto di fede, non lontana dalla posizione degli Apostoli sul lago di Galilea, sotto l'infuriare della tempesta, che fece meritar loro l'appellativo di "uomini di poca fede". Qualcuno aveva difatti esclamato: "Se la Madonna vorrà essere portata in paese, stasera non dovrà piovere"; intendendo, con ciò, che se la pioggia fosse caduta la Madre di Dio avrebbe in tal modo manifestato la sua intenzione di non scendere in paese, a causa, naturalmente, dei nostri peccati. Ma ieri sera non è piovuto; e la Madonna della Sanità è stata prelevata nel suo piccolo Santuario di campagna, vecchio cenobio dei Basliani di Calabria, senza che, peraltro, si possa intendere dimostrata la candidezza d'una sola anima tra le nostre.
Alle 19 tutto era pronto. Il piccolo millenario paese era affollato anche da non pochi forestieri, qua richiamati, più che da motivi di fede, da occasioni commerciali, da doverose visite a parenti e ad amici, dai fuochi d'artificio ch'erano stati pubblicamente sbandierati come spettacolarmente insuperabili, dalla tradizionale e pur sempre interessante (?) fiaccolata notturna. La poca illuminazione festiva, celermente approntata nel giorno, lanciava un fioco bagliore sulle scomode vie cittadine. Taluno, in piazza - quasi fuori dallo spazio e dal tempo - prestava orecchio meditabondo alla notizia dell'amico che comunicava il paventato fallimento dell'impresa spaziale "Gemini 5", mentre, lontano, a mezza costa della collina antistante, nell'angusto piazzale dell'abbandonata cappella di S. Rocco, poche flebili luci, pronte ad innescare numerose e abbaglianti fiaccole, sembravano invitare lo scettico a ringiovanita potente fede: non tutto sarà giunto alla fine, se ancora una debole luce rischiarerà le tenebre.
Il conto alla rovescia è stato di diritto, esclusivo compito del dinamico arciprete. L'ora "X" era scoccata: a distanza, la muta cappella, illuminata dalla prima fiaccola, parlava di abbandono e di angusti confini. La banda ha già intonato malamente il suo pezzo di battaglia; il fuochista ha innescato il primo "colpo scuro" che ha già rotto la quiete dell'incipiente notte e che. ha dato inizio all'agonia di Rubino.

L'amico uomo, tutto vestito a festa, era stato a trovarlo poco prima, e gli aveva portato un'abbondante cena a base di ancora ben impolpati ossi, ricchi resti del pranzo festivo. Poi gli aveva tolto per alcuni minuti il guinzaglio, e gli Aveva permesso di saltare in libertà per il giardino e di rincorrere, abbaiando, le galline. L'aveva poi richiamato e, mentre lo assicurava nuovamente alla catena, legata saldamente a un palo, nei pressi del sentiero, lo andava carezzando, e canticchiava:
Se nella vita vuoi trovar fortuna / cerca gli amici veri nella Luna: / i tradimenti sono sciocchezze umane / conosci l'uomo e fidati del cane.
L'uomo se n'era poi partito, e Rubino, come da ormai lungo tempo, era rimasto a far buona guardia al numeroso pollaio. Ormai lontana, arrivava appena la voce del padrone:
Un giorno la fortuna se ne andò via / portando secco la borsetta mía; / ed agli amici invano io chiesi un pane: / chi non fuggì fu solo il vecchio cane...
Calava intanto la notte, e Rubino, tranquillo, vegliava; mentre gli uomini gli amici uomini, sembrava dormissero già. Non un alito di vento turbava la quiete e il tepore della magnifica serata calabra; nel cielo la scìa di una stella cadente; nel fondo valle il lento mormorìo del rigagnolo sembrava innalzasse al Creatore la preghiera iniziata nell'oscurità dei passati millenni.

Improvviso, furtivo, pauroso risuona nel cielo un boato. Gli amici uomini, difatti, non dormivano: si preparavano agli spettacolari fuochi d'artificio. Rubino ne ha paura e, sconvolto cerca scampo nella fuga. La catena, però non cede ed è giocoforza rimanere accanto al numeroso pollaio che pur dà qualche segno di vita a quel rumore inatteso. Annusando nel cielo l'odore d'altro imminente pericolo, sta immobile qualche minuto; e l'assordante scoppio si ripete, e si ripete ancora, ed ancora, per un tempo che pare a Rubino un'eternità, mentre accecanti bagliori gli offendono la vista. Corre intanto all'irnpazzata nel tentativo di spezzare quel ferro che mai gli aveva dato fastidio. E, nella corsa, strane, mostruose, gigantesche ombre lo rincorrono da ogni parte: gli corrono dietro veloci, gli sono sopra, lo sorpassano ghignose e poi tornan più brutte, più orrende, più tentacolari, più minacciose. E Rubino corre, corre, corre sudato, trafelato, stremato. E le ombre non gli danno tregua; e i boati si susseguono ormai più vicini, più forti, più cupi; mentre le ombre, sempre più numerose, s'incrociano irregolarmente e veloci, minacciose di morte quasi più che lo stesso fragore degli scoppi. Un ultimo tentativo per ottenere con la libertà la fuga, e con la fuga lo scampo e la vita: una rincorsa, un salto nel vuoto, oltre il sentiero. Ma il palo rimane saldo al suo posto, e la catena conserva intatte le sue maglie.

Ora Rubino non c'è più. È sepolto accanto al numeroso pollaio cui ha fatto per lungo tempo buona guardia. Sulla sua tomba non c'é una croce.I fuochi d'artificio han divertito gli amici uomini, ma hanno condannato il loro fedele amico a morte per impiccagione con pesante catena.





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