Data: 30/09/2004 - Anno: 10 - Numero: 3 - Pagina: 9 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
IL GALOPPO DELLA POVERTA' |
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AUTORE: Vincenzo Squillacioti (Altri articoli dell'autore)
Che la povertà proceda galoppante, noi siamo gli ultimi a dirlo. E siamo comunque tra i primi ad accorgercene perché ben conosciamo le nostre tasche. Ma anche e soprattutto perché apparteniamo a quella fascia media destinata a diventare povera, in tutto il mondo occidentale, specialmente là dove si guarda con simpatia al modello americano, dicendosi persino “orgogliosi di aver contribuito a far dell’Italia lo Stato più americano d’Europa”. “… Negli Stati Uniti [d’America] i poveri sono saliti da 34 milioni e 600 mila a 35 milioni 900 mila, di cui un terzo bambini e ragazzi sotto 18 anni. E gli americani senza assistenza sanitaria o assicurazione medica sono passati da 43 milioni 600 mila a più di 45 milioni…” (Ennio Caretto, Corriere della sera, venerdì 27 agosto 2004). Che cosa succede, invece, nel cosiddetto terzo e quarto mondo lo leggiamo sui libri e sui giornali e lo vediamo per televisione, quando non ce lo nascondono subdolamente. Che cosa sarà, poi, da qui a non molto, questo profondo Sud d’Italia, particolarmente la Calabria? Possiamo ragionevolmente ipotizzare che non è lontano il tempo in cui la scuola sarà un lusso riservato a quel 20% di ricchi, e proibito al restante 80% di poveri, di cui scriveva Giorgio Bocca qualche anno fa. Un posto di lavoro bisognerà andare a cercarlo, timidamente, perché terroni e africani, nel regno sabaudo o lombardo-veneto, ormai opulenta Padania. L’assistenza sanitaria, e quindi un po’ di speranza nella salute, è riservata soltanto a chi avrà i soldi necessari per pagare il “premio” dell’assicurazione privata ai ricchi assicuratori che intanto continueranno ad organizzarsi per fare cartello. “Il minimo -però- sarà garantito a tutti”, così qualche anno fa il capo dell’attuale governo di questa derelitta Italia. Intanto qui da noi si continua impunemente a distribuire denaro pubblico anche ad un esercito di consulenti di cui non si vuol dire il nome (il Quotidiano, mercoledì 8 settembre 2004, pag. 10). Con motivazioni molto discutibili si finanziano costosissimi concerti importati da quelle plaghe d’Italia che stanno realizzando -quanti di noi complici!- una disgraziata secessione. Con la benedizione, maldestramente mugugnata, delle alte coperture. Le addizionali IRPEF, comunale e regionale, si aggiungono alla dissennata politica del commercio ed ai falsi indici del connivente ISTAT per erodere selvaggiamente salari e pensioni. Ecco un solo semplice ma significativo dato: nella famiglia del sottoscritto, di quattro persone, le entrate sono costituite soltanto da due pensioni di insegnanti, sulle quali le due addizionali gravano per € 1.343,94 ogni anno, pari a 2.602.230 lire “del vecchio conio”, come grida un noto storditore televisivo d’oggi. E sì, perché il governo centrale ha ridotto i “trasferimenti”. Un termine, “trasferimenti”, che mi fa ricordare con dolore e rabbia la “fiscalizzazione degli oneri sociali”, di tanti anni passati, non proprio belli neanche quelli, per la verità. C’è, però, da rallegrarsi! Il governo della Regione Calabria, per salvare dalla bancarotta le Aziende Sanitarie, con circolare del 30.08.2004 di prot. 18708 avente per oggetto D.G.R. n. 549 del 2004 – Legge 326/2003, art. 48 misure in materia farmaceutica di cui all’art. 4 comma 3, della legge 16/11/01 n. 405, in aderenza alla delibera n° 549/04 della Giunta Regionale, al fine di realizzare il “contenimento della spesa farmaceutica” e per “promuovere la razionalizzazione dell’uso dei farmaci e l’appropriatezza delle prescrizioni”, decreta che “dal 1° Settembre 2004… è consentita per ogni ricetta la prescrizione di una sola confezione per singolo prodotto”. Una goccia d’acqua, inutilmente sottratta alla gente, per riempire un oceano di debiti. Non so voi, ma io dico che c’è solo da vergognarsi della gente che ci governa. Ma c’è da vergognarsi ancor di più della nostra incapacità di uno scatto d’orgoglio che spazzi via come un uragano il luridume che abbiamo sulla nostra testa, di calabresi, di italiani e di coloni americani.
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