Data: 30/09/2004 - Anno: 10 - Numero: 3 - Pagina: 15 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Vincenzo Squillacioti (Altri articoli dell'autore)
Il 5 gennaio 1987, sull’onda emotiva ed anche un po’ contestataria del noto articolo di giornale di Mimmo Lanciano che avanzava l’ipotesi di “vendere” Badolato per tentare di fermarne la progressiva morte, c’è stato un Convegno -l’unico- , nella sala consiliare del vecchio borgo, per fare il punto sulla situazione del momento e per studiare un eventuale programma di rivitalizzazione del moribondo. Era presente l’assessore regionale al turismo Ubaldo Schifino, il quale, nelle intenzioni di chi aveva fatto di tutto per assicurarsene la presenza, avrebbe certamente dato il suo autorevole contributo nell’esame del “modo migliore da adottare per il recupero del Centro Storico e delle problematiche annesse di sviluppo turistico, economico, sociale e culturale”. (Sull’argomento “La Radice” ha pubblicato un dossier nel n° 3 dell’anno 1996). Tra gli interventi, numerosi e disarticolati, quello del sottoscritto che proponeva la valorizzazione turistica di tutto il territorio comunale mediante la creazione di un museo che, allocato in un qualche palazzetto del paese, raccogliesse quanto era avanzato allo scempio sistematico con cui erano stati distrutti o scambiati con mobili e secchi di plastica gli innumerevoli oggetti della civiltà contadina e artigiana. A tale struttura si sarebbero dovuti affiancare, secondo una specifica programmazione, alcuni frantoi (a trazione animale), alcuni palmenti, qualche “carcàra”, alcuni mulini (ad acqua) e delle botteghe artigiane: tutti elementi che, insieme alle chiese e ad alcuni non trascurabili ruderi come la torre campanaria, la porta “’e Jàpacu” e altri, avrebbero costituito un “museo aperto”. In risposta, l’assessore regionale Schifino ha fatto spallucce. Gli altri, badolatesi, amministratori e non, non hanno dato peso alla proposta. Il risultato non c’è chi non lo veda. Quattro anni più tardi nacque “La Radice” con l’obiettivo primario di creare quel museo, ma non ci sono mai state le risorse economiche per realizzarlo. è stato prodotto tanto altro, in verità, ma il museo no. Perché nessuno ci ha aiutato. Da quel 5 gennaio sono passati più di 17 anni: tempo prezioso perduto. E perduti quei reperti che, sebbene già più che decimati, si trovavano ancora nelle vecchie case e nei “catòja” di Badolato. Oggi… quasi il deserto. Tuttavia, forse donchisciottescamente, abbiamo ancora fisso lo sguardo sul territorio; e in qualche modo stimolati anche da alcuni “regali” (un telaio, un alambicco, una madia, ecc.) riteniamo sia ancora possibile, oltre che doveroso, salvare parte almeno di quel poco che è rimasto. E non solo per fini turistici, ma anche e soprattutto perché è una calamità la scomparsa di questi sia pur poveri segni dell’uomo che ci ha preceduti. E allora!? Ancora al lavoro! Stiamo bussando con ostinazione a numerose porte. E se n’è aperta già una: Giovanni Paparo, nostro giovane professionista che vive ed opera in Spagna, ha donato a “La Radice” la “forgia” datagli dal nonno materno mastro Gianni Saraco, che per lunghi anni è stato fabbro serio ed apprezzato in Badolato. L’atto notarile, datato 30 settembre 2004, è per noi da considerarsi il primo documento ufficiale di quel museo progettato e proposto 17 anni fa. Alla bontà del progetto, di cui siamo ancora fermamente convinti ed assertori, si accompagna -è la prima volta in questa sfera- la nobiltà del gesto della donazione, per giunta da parte di un giovane, quasi ad insegnare agli adulti la via da seguire: positività che costituiscono non comune patrimonio, da non disperdere, da potenziare, da arricchire. Queste le linee portanti del nostro impegno, aggiuntivo, da oggi. Conosciamo le notevoli difficoltà cui andiamo incontro: se nessuno si metterà dalla parte nostra il fallimento è assicurato. Vogliamo essere ancora più chiari, senza alcuna reticenza: se i privati non danno la loro disponibilità -non necessariamente con donazioni- e le Istituzioni continuano a pensare solamente ad altro, il nostro impegno è vano. Rimane il nobile gesto dell’amico dottore Giovanni Paparo, al quale rinnoviamo il nostro sentito ringraziamento, commossi al pensiero di mastro Gianni Saraco, suo nonno, ancora tra noi: il sudore delle sue fatiche noi lo percepiamo ancora sugli arnesi e sui muri della “forgia” che suo nipote ha regalato ai Badolatesi, di oggi e di domani. |