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Autore:     Data: 30/04/2019  
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Data: 31/12/2021 - Anno: 27 - Numero: 3 - Pagina: 7 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

LETTURA STORICA DELLA NATIVITÀ

Letture: 1299               AUTORE: Ulderico Nisticò (Altri articoli dell'autore)        

Di Gesù in quanto Dio non possiamo e non dobbiamo dire nulla, e lasciamo il compito, certo
arduo, alla teologia. Di Gesù uomo e dei suoi tempi, siamo abbastanza informati, e, con poca
indulgenza ai luoghi comuni, proviamo a dare una lettura del Natale con criteri storiografici;
seguendo solo i Vangeli Canonici, mentre gli Apocrifi appaiono farciti di favolistica.
Non c’è però alcuna data evangelica che ci consenta di fissare il giorno al 25 dicembre; ed
è probabile che la festa cristiana si sia sovrapposta al “Sol invictus” dell’imperatore Aureliano,
determinato il 25, anche se il Solstizio astronomico è il 21; e anche alla celebrazione antichissima
dei Saturnali. Ne derivò, retrodatando, che l’Annunciazione sarebbe avvenuta il 25 marzo.
Gli ortodossi, che non seguono il Calendario Gregoriano del 1582, ma il Giuliano, festeggiano
la Natività il 6 gennaio.
Il paesaggio consueto del Natale, avulso dal clima mediorientale, è nel nostro inverno, e in
luoghi di montagna come quelli del primo Presepe di s. Francesco d’Assisi.
Anche l’anno, sulla scorta di quanto sappiamo di Quirino, governatore della Siria, con autorità
sulla Palestina, e del censimento, dovrebbe, secondo alcuni, coincidere non con il 753 di Roma,
ma con il 749.
Per ottemperare al censimento, Giuseppe e Maria si devono recare da Nazareth a Betlemme, la
città di Iesse: egli, infatti, discende dal re Davide, e questo consente di ritenere compiute le profezie
sul Messia.
Il censimento, voluto da Augusto, aveva lo scopo di fornire attendibili statistiche al governo
imperiale, a cominciare dal numero degli abitanti. Non quello dei cittadini romani, che venivano
censiti e divisi in classi fin dai tempi di Servio Tullio; ma l’Impero era ormai immenso, di tantissimi
popoli, e occorreva un’operazione amministrativa globale.
L’Impero era complesso, e ormai dal 60 a.C. circa ne facevano parte le terre orientali fino al
Mar Nero; dal 31, l’Egitto. In alcuni casi, il governo lasciava una certa autonomia, anche con reucci
locali, come Erode pomposamente detto il Grande.
Betlemme è densa di forestieri, e, scrive Luca, “non c’era posto per loro nell’albergo”, lo
“xedokeion”, presente nei centri di traffico. È impensabile che non potessero pagarselo, se Giuseppe
era un valente artigiano (falegname, secondo la posteriore tradizione), e non certo un accattone; e,
come tutti i maschi ebrei di buona condizione sociale, sposato.
La narrazione è tuttavia ricca di simboli. La Nascita avviene in situazioni eccezionali, tali da
renderla una “parusìa” ed “epiphania”, manifestazione. Concorre un evento prodigioso, la stella,
che si ritiene una cometa, e anche questo rimetterebbe in discussione la data.
Un così miracoloso Avvento attrae l’attenzione, e giungono i pastori, e, da ritenere, cittadini e
forestieri di Betlemme. Molto più realisticamente e credibilmente del luogo comune pauperistico,
il Presepe popolare mostra una straordinaria varietà di figure umane e anche di ogni stato sociale.
Uno di loro guarda il cielo: è l’Incantato, (“u ‘ncantàtu d’a stiṛha”, diciamo), che rappresenta lo
stupore religioso di fronte all’immensa armonia del cosmo.
Giungono anche tre figure ammantate di sacralità e mistero, che saranno detti Magi. I “magoi”,
citati già da Erodoto, erano una casta sacerdotale con sapienza astronomica e astrologica. Essi
rappresentano dunque l’adorazione da parte di ogni livello di potere e cultura, e liberano il Natale
da interpretazioni sociologiche.
Tantissime tradizioni accompagneranno i Magi, cui verranno attribuiti anche dei nomi. Da
Baldassarre dicevano discendere i provenzali Bals, in Italia Del Balzo, che furono anche conti
di Squillace, e il cui grido di guerra, rimasto proverbio in Francia per chi rischia tutto per tutto, è
“Au hasard, Balthazar”. La tomba dei Magi si trova a Milano: ma, a dire il vero, anche a Colonia
in Germania. I Vangeli accusano Erode di aver ucciso gli Innocenti per timore del nuovo re; certo aveva
ucciso un figlio, e Ottaviano pronunziò in greco la crudele battuta: - Di Erode è meglio essere il
maiale (“hys”, l’animale vietato da mangiare agli Ebrei) che il figliuolo (“hyòs”) -.
Per sfuggire al re, Giuseppe conduce la Famiglia in Egitto, pur sempre dentro i confini
dell’Impero; per poi tornare a Nazareth, da cui Cristo inizia la predicazione. Ma ciò sarà molti anni
dopo, e forse per Pasqua ne riparleremo.
Buon Natale.


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