Data: 31/03/2004 - Anno: 10 - Numero: 1 - Pagina: 22 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Daniela Trapasso (Altri articoli dell'autore)
Qualche giorno fa sistemando le carte che normalmente invadono la mia scrivania, mi sono ricapitati sottomano alcuni giornali del periodo in cui Badolato era agli “onori della cronaca” per l’accoglienza riservata ai profughi kurdi. Erano i primi mesi del 1998 e in paese si respirava un’aria particolare. Tra tutti gli articoli la mia attenzione si è soffermata su quelli riguardanti la nascita della prima bambina kurda a Soverato e poi ospitata, con la famiglia, a Badolato: Angela Ricordo che la sua storia mi toccò molto. I suoi genitori erano kurdi iracheni e scappavano dalle persecuzioni del regime di Saddam. Il padre era un ingegnere e la mamma una professoressa di lingue. La notte dello sbarco la mamma era già in procinto di partorire e fu portata di corsa all’ospedale di Soverato. Il papà fu, invece, accompagnato nel centro di accoglienza allestito nella scuola di Badolato. La sua ansia ed il suo nervosismo erano palesi e giustificabilissimi. Tuttavia mantenne sempre un atteggiamento di rispettoso contegno, affidandosi completamente nelle mani delle persone che più di tutti dimostrarono di capire la sua situazione e di volerlo aiutare. In particolare un poliziotto si prese cura della famiglia, assistendo la donna in ospedale e facendo da “messaggero” al marito trepidante. Il nome del poliziotto era Angelo. La commozione fu grande quando la coppia decise di chiamare la bimba con il nome del loro “angelo custode”, come essi stessi dicevano. E Angelo ricambiò il gesto di amore regalando alla mamma una medaglia a forma di Italia con incisa la data dello sbarco. Ricordo anche il dispiacere e la sofferenza che provammo tutti quando l’intera famiglia decise di lasciare il nostro paese. A differenza di quello che si può pensare, la loro non fu una scelta facile e presa a cuor leggero. Erano già scappati una volta dalla loro terra e dai loro affetti e non avrebbero mai voluto lasciare nuovamente gli affetti che, inaspettatamente, avevano ritrovato. Ma, in un certo qual modo la loro scelta era quasi obbligata. Allora non c’era nessuna legge sui rifugiati in Italia che potesse loro permettere di costruire un futuro degno del bagaglio culturale che si portavano dietro. “Daniela, io devo pensare alla mia famiglia, devo pensare al domani dei miei figli, anche se per fare questo devo soffrire io ora”. Così mi disse, tra le lacrime, il papà di Angela il giorno che mi comunicò la decisione di partire verso un Paese del nord Europa. “So che lì sentirò la mancanza di tutti voi, sentirò la mancanza della vostra gente, mi mancherà il sole della vostra terra, il vostro sorriso, ma lì avrò una serie di opportunità che qui non ho”. A distanza di anni posso riscontrare la sincerità dei suoi sentimenti. Ancora oggi, infatti, ricevo le loro telefonate per le feste. So dove stanno, anche se mi hanno chiesto di non dirlo per una serie di motivi facilmente comprensibili trattandosi di rifugiati. Oggi Angela ha una sorellina, bella come lei. Il suo papà e la sua mamma lavorano ed economicamente non hanno problemi. Tuttavia continuano a pensare a Badolato ed agli amici che hanno lasciato. E anche io penso ancora a loro e ricevere le loro email e le loro lettere con le foto mi rende molto felice. Pensare a loro mi fa riflettere su tante cose. Intanto mi fa piacere constatare che è possibile ancora instaurare rapporti veri, in cui il sentimento predominante non sia l’interesse, in cui l’affetto non abbia un secondo fine. Sembra poco ma non lo è. In secondo luogo mi fa piacere poter dimostrare (e di questo mi piacerebbe parlare a lungo!) come certe emozioni si possano concretizzare con persone appartenenti a culture estremamente diverse: questo vuol dire che esiste veramente una dimensione che va al di là delle barriere linguistiche e geopolitiche che tanti, ancora oggi, cercano di innalzare. Tutto ciò mi fa riflettere anche su cosa sia realmente rimasto, a distanza di qualche anno, di tutto il clamore che si scatenò intorno all’arrivo dei profughi kurdi. Purtroppo devo constatare che delle molte parole che si sono dette e dei bei discorsi che si sono fatti, concretamente è rimasto ben poco. Non è qui la sede per indagare sulle eventuali colpe. è certo, comunque, che ad un progetto ambizioso, come quello proposto a Badolato, non hanno fatto seguito gli aiuti e gli incoraggiamenti dei vari politici che hanno calcato la “passerella” nei giorni caldi. Né la politica nazionale in materia di rifugiati ha cambiato la situazione da allora. Ancora oggi, come allora, siamo l’unica Nazione europea a non avere una legge organica sul diritto d’asilo, che pure è sancito nella nostra Costituzione. In compenso è stata varata una nuova legge sull’immigrazione, la famosa Bossi-Fini, che lascia intravedere a chiare lettere il reale intento di chi ci governa: meno extracomunitari (chissà perché gli americani, per esempio, non vengono mai definiti tali!) ci sono e meglio stiamo. Forse detta così è un po’ cruda, ma a che servono i giri di parole? In compenso è cambiata la situazione internazionale: grazie “all’altruismo americano” Saddam è stato deposto ed ora l’Iraq si avvia sulla strada della democrazia… Finalmente questo Paese avrà la possibilità di autodeterminarsi… di scegliersi la forma di governo che ritiene più opportuna… di gestire autonomamente le proprie ricchezze!!! Certo, è fuori dubbio che Saddam fosse uno dei più feroci dittatori al mondo (abbiamo visto e sentito i racconti dei kurdi ), ma mi chiedo ancora quale sarà il prezzo che gli iracheni dovranno pagare in cambio della “libertà”. E mi chiedo anche se e come un concetto di “democrazia preconfezionata” all’occidentale possa essere “portata” ed applicabile in una società culturalmente così diversa. Mi ero fatta l’idea che la libertà e la democrazia fossero conquiste e non “regali portati”. Evidentemente sono rimasta indietro. O forse no. Ma le crociate sono finite?! |