Data: 30/09/2006 - Anno: 12 - Numero: 3 - Pagina: 11 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Anna la Pugliese (Altri articoli dell'autore)
Era il 1998 e per la prima volta a Genova sentii parlare di Badolato, borgo medioevale a 240 metri sul livello del mare affacciato sul Mare Jonio. Dicevano di un borgo abbandonato in seguito a terremoti ed alluvioni risalenti al 1640 fino al 1783, e ad una catastrofica alluvione del 1951 che danneggiò gran parte delle abitazioni già compromesse dai terremoti. Oggi in alcune zone ci sono gruppi di case diroccate e pericolanti, mai recuperate, che con l’usura del tempo un muro o un tetto crolla. Piano, piano il silenzio cominciò a diffondersi nelle case, per le stradine e le piazzette del paese, le porte e le finestre si chiusero dietro uomini, donne e bambini che da lì partivano per cercare altrove una nuova vita ed un lavoro. Fu l’inizio della grande migrazione. Ascoltavo con grande stupore il racconto che prese un sapore fiabesco, quando setii parlare di una montagna al centro del borgo con sopra un castello, e la mia fantasia immaginava principi e dame alle feste di corte e cavalieri al galoppo sulla collina per raggiungere il castello illuminato. Il silenzio della notte scese sul borgo addormentato. Il mare in lontananza non dava un minimo segno di vita, il cielo era spento, neppure una stella che lo illuminasse, dalle fontane mute non sgorgava più una goccia di acqua. Le luci del castello si spensero, non più dame e non più cavalieri, la montagna iniziò a franare ed il castello andò in rovina. La desolazione si impadronì di tutto, il grande sole bruciò qualunque cosa stava sotto di lui, l’acqua del fiume si asciugò lasciando un solco, una ferita che serpeggiava fino al mare. L’uomo non pensò di proteggere le rovine del castello, per far sì che la storia, l’arte e la fiaba continuasse a stupirci. Il borgo subì un ulteriore abbandono, furono costruite nuove abitazioni alla marina e buona parte della popolazione lasciò le case che i padri, i nonni ed i bisnonni costruirono con grande fatica affidandosi alle loro elementari ma geniali capacità architettoniche. Le case costruite una vicino all’altra su archi con le pietre dei fiumi che le donne portavano sul loro capo, dalle piccole montagne di argilla ricavavano mattoni e dal legno dei castagni le porte, le finestre ed i mobili. Dovevano essere veramente speciali le persone di questo borgo per dare a questo paese l’aspetto di un piccolo presepe vivente e un fascino irresistibile per chi da lontano arriva e lo vede incastonato tra le due colline verdeggianti di ulivi e ricche di fioriture gialle che, come una finestra, si affaccia sul mare blu indaco dello Jonio. Tra gli anni ’60 e ’70 qualche migrante tornò al borgo per ricostruire quello che molti anni prima aveva lasciato. La mano cieca del progresso, con il cemento, soffocò l’anima della pietra. I mattoni di cotto, che ricordavano il colore dei biscotti fatti dalle nonne nei forni a legna (i cocipana), furono sostituiti con fredde lastre di marmo. I portali e le finestre con tristi strutture di alluminio. Alcuni tetti di tegole sparirono per dare posto ad ondulati di amianto. Anche i bellissimi irti gradini di pietra sparirono per lasciare il posto a stradine anonime senza storia, la storia se la portò via l’asfalto per dare il passo a qualche solitaria “ape”, ma la gente non restava, comunque continuava a partire. Questo faceva pensare che la miseria era finita ed iniziava l’era del boom economico. Fortunatamente anche questo si arrestò e il borgo, ancora una volta, ricadde nel suo profondo, pigro sonno. Dopo molti anni, nel 1986, come un interruttore si accese una luce, gli occhi della piccola comunità si aprirono, perchè una notizia alquanto stravagante e provocatoria era apparsa sul giornale: “Badolato borgo in vendita”. Increduli e con grande stupore gli abitanti del borgo scoprirono che chi aveva dato questa notizia era un loro concittadino. Il dottor Mimmo Lanciano, allora bibliotecario, dopo un lungo studio di tesi di laurea con approfondimento demografico, in collaborazione con gli amministratori di allora, si pose il quesito di come sarebbe stato il borgo di Badolato in quel momento abbandonato e senza nessuna prospettiva di ripresa economica, dopo vent’anni, cosa sarebbe successo dopo una provocazione del genere? Quale volano avrebbe mosso una tale notizia? Chissà? Dopo un breve periodo di attesa alcune cose cambiarono, partì anche il mio amico dottor Mimmo Lanciano, che dopo vent’anni, dice lui, di essere esule nella città di Agnone. Ancora oggi Mimmo segue, con grande emozione, gli sviluppi e la metamorfosi della sua “Badolato in vendita”. Badolato sonnecchiò ancora un po’, e mai nessuno allora avrebbe immaginato, che da un paese dove tutti partivano, da case chiuse e silenziose dove nessuno riusciva a salvare se stesso, dietro tutto questo ci fosse il miraggio della salvezza. Ancora una volta Badolato rischiava di scomparire, una costante nella storia. Da molti anni figurava alla voce “paesi fantasma” tra le guide turistiche. Una notte fredda e oscura il mare lontano e buio, ma le grida ed i lamenti si sentivano in lontananza. Le urla erano di gente disperata che aveva lasciato la propria terra imbarcandosi sulla nave da carico Ararat, che in quel momento abbandonata a se stessa finì sulle spiagge del mare Jonio di fronte e Badolato. Il mattino del 27/12/96 donne in stato di gravidanza, bambini spaventati e uomini stremati, aggrappati alle funi ed ai parapetti, erano tanti. Kurdi dalla Turchia e dall’Iraq. Questo mi ha raccontato Daniela Trapasso, mia carissima amica che si finse crocerossina per poter entrare nella scuola dove erano accolti i profughi per dare la sua solidarietà. In un certo senso non ne è più uscita. Oggi è responsabile regionale del CIR. Con l’arrivo dei profughi al sindaco di allora Gerardo Mannello venne un’idea: chiedere ai suoi cittadini le case abbandonate. La riposta della comunità fu sorprendente, furono consegnate circa 80 chiavi. Nasce così un progetto in collaborazione con il CIR che ancora oggi continua con l’appoggio della nuova amministrazione nella veste del sindaco Menniti. Badolato nasce a nuova vita, si ristrutturano le case per i profughi, si fa festa, si apre un ristorante kurdo, le strade si riempiono di bambini e si riprendono così i giochi antichi. Badolato riemerge, da lontano arrivano studiosi, antropologi, giornalisti scrivono pagine di giornali di “Badolato accoglienza dei Kurdi”. Per la Pasqua del 2001 finalmente partivo per questo paese misterioso. L’impatto visivo che ebbi fu superiore alla mia immaginazione, era come trovarmi in un paese incantato dove il tempo si era fermato. Quello che mi colpì fu una grande quiete che di colpo mi riportò indietro nel tempo a quando ero bambina in un piccolo paese della Puglia. Infatti, per chi non lo sapesse ancora e continuasse ad identificarmi come “Anna la genovese”, colgo l’occasione per far sapere che sono pugliese di origine e di nascita, orgogliosa di essere donna del Sud. Tutti i profumi ed i suoni del silenzio mi erano familiari, sentii un grande calore nell’anima e capii che mi ero innamorata di Badolato. Cercai subito casa, non fu semplice. Passarono dei mesi e nel settembre del 2001 finalmente la trovai facendo l’emigrante all’incontrario. Partii da Genova il primo marzo 2002 portando con me i miei genitori, mio padre aveva 95 anni e mia madre 92. Tutta la comunità ci accolse con grande affetto come fossimo loro concittadini venuti da molto lontano. Tutto scorreva sereno e tranquillo, ero convinta di aver scelto il posto giusto dove il caos e la delinquenza della città non sarebbero mai arrivati. Dopo tre mesi mio padre morì, con le mie sorelle scegliemmo di seppellirlo nel cimitero di Badolato. Tutto il paese partecipò ai funerali, dandomi così la consapevolezza che non sarei stata sola, che potevo contare sulla solidarietà della comunità. Con i lavori di ristrutturazione della casa finì la mia tranquillità, ero disorientata e mi rendevo conto che la mole di lavoro mi avrebbe lasciata senza energie. Mi resi conto che non avevo considerato che il mio modo di vedere le cose ed il mio modo di pensare e la mia correttezza, non sempre venivano recepiti nel senso positivo. Furono anni duri, neppure io mi rendo conto di come sono riuscita a superare tutte le difficoltà incontrate in questo percorso. Voglio ringraziare tutti quelli che in modo positivo ed onesto mi hanno aiutata nel duro lavoro di restauro e, se mi leggeranno, un grazie a tutti. L’aprile del 2005 segnò un altro tristissimo evento: la morte di mia madre. Lei riposa vicino a mio padre nel cimitero di Badolato. La perdita di lei mi fagocitò in un baratro di grande tristezza, mi resi conto di essere veramente sola, mi chiusi in un grande silenzio dove non c’era posto neppure per i ricordi, tanto erano dolorosi. La mia volontà di farcela cominciò a farmi stare meglio, la mia casa cominciava ad avere un aspetto gradevole, iniziava a piacermi, scoprii che nelle colline attorno cresceva spontaneo l’elicriso, un fiore giallo dal profumo intenso. Così pensai di chiamare la casa “Casa dell’elicriso” e che avrei potuto condividere con amici, parenti e, perchè no, turisti tutto ciò che avevo costruito, ma soprattutto il Borgo, la natura ed il mare come scambio di benessere, salute, natura e cultura. Così nasce a Badolato Borgo il primo B&B che vuole dire ricettività turistica con letto e prima colazione. Sono felice di tutto questo perchè il mio intento è quello di portare più gente possibile nel Borgo e promuovere, così, una attività economica per tutta la comunità. Ma un giorno con mio grande stupore subii un atto vandalico con il taglio delle 4 gomme della mia auto, che si ripetè dopo poco tempo con altre tre gomme. Capii subito che qualcosa nel paese stava cambiando. Dove era finita la quiete e la consapevolezza di vivere in un borgo magico? Dove era finito il sogno di condividere con decine di persone questo gioiello paese medioevale abbarbicato ad una collina distante pochi chilometri dal mare? Intanto che riflettevo su tutto questo, mi sentivo ferita, perchè mi sento parte di questa comunità, orgogliosa di aver scelto un posto che centinaia di persone ammirano e un po’ ci invidiano. Spero che tutto questo non accadrà più a me, e a nessun altro che vive e viene nel borgo. Questa è la mia storia, mi auguro che l’amore per Badolato cresca sempre di più e più forte nei cuori di chi ci abita da sempre e per chi è da poco che ha scelto di venirci ad abitare, collaborare per il benessere di una vita migliore per gli adulti e per i loro figli per farli crescere sani nella mente e nel cuore. Perchè un giorno, saranno loro ad accogliere con professionalità e impegno tutti coloro che verranno per ammirare le meraviglie che questa perla luminosa di Badolato Borgo offre. Ringrazio il prof. Vincenzo Squillacioti per l’opportunità che mi ha dato di scrivere sulla rivista “La Radice”. Un grazie a tutta la comunità.
Anna la Pugliese * Anna Giannuzzi, operatrice turistica |