Data: 31/12/2005 - Anno: 11 - Numero: 4 - Pagina: 4 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Vittorio Sorrenti (Altri articoli dell'autore)
Giuseppe si guardò le mani incrostate di colla di farina e, come a voler fare riposare le fatiche sulle sue stesse parole disse: -Servirà al cuore…- Nel solito cantuccio, fra lo stipo grande e la finestra, aveva finito di ricoprire ad arte l’ossatura di legno e cartone del suo presepe. Era stanco, Giuseppe, ed una profonda ruga gli solcava la fronte togliendo serenità al suo volto di vecchio. Per riposare un po’ andò a sedersi nell’angolino più nascosto della stanza, sulla sua sedia preferita, mezza spagliata. Guardò di nuovo il lavoro fatto e, sconfidato, abbandonò le braccia sulle gambe, lasciando che le mani ciondolasserro fra di esse; infine, chinò il capo e chiuse gli occhi come se volesse pregare. Dopo un po’, colto dalla sensazione di non essere più solo nella stanza, lasciando la testa bassa, sollevò lo sguardo verso l’uscio schiuso. -Giuseppe, non lo finisci il tuo presepe?- gli chiese un giovinetto d’un biondo quasi albino, riccioluto e dai lineamenti così delicati da sembrare una fanciulla. Il vecchio, come volesse pensarci, attese un po’, poi, inframmezzando sospiri ad un certo affanno, rispose: -Sono stanco figliolo… Tanto stanco… solo. Volevo non iniziarlo affatto quest’anno il presepe, ma poi ho pensato che facevo peccato a non farlo; che me ne sarei pentito e mi sarei dannato dal rimorso guardando quell’angolo vuoto; che… Beh, senza la mia grotta, dove sarebbe andato a nascere il Bambinello Gesù?- Rise brevemente, divertito da quella sua stessa incongruenza il buon Giuseppe che, nel rione, per la sua bontà e pazienza, era chiamato “Peppi u santu”, ma poi ridivenne serio, pensieroso e, caricando le parole di tutta la sua afflizione, aggiunse: -è già tardi, figlio mio!... è vigilia… Non riuscirò proprio a finirlo il mio presepe questo Natale. Colpa anche delle febbri… Troppo mi hanno inchiodato nel letto, troppo!... -Hai detto che serve al cuore, e allora?... -lo riprese il fanciullo. Ma egli non si scompose e quell’incitamento servì solo a fargli scuotere di più la testa ed a fargli tirare un ulteriore sospiro di sconforto. -Sai -riprese il fanciullo- io i tuoi presepi li ricordo tutti. Da quando li facevi con intorno i tuoi due figli: Antonio e Felice, e tua moglie: ma’ Carmela. Mi sono sempre piaciuti molto-. -Beh, che vuoi -si schermì il vecchio, confuso. -Fatti con povere cose… Quello che riuscivo a rimediare…- -Belli!- -Creta, cartoni, sughero, rametti…- -Teneri!- -Pastori un po’ sbiaditi dal tempo, rattoppati alla meglio, in casa, così come potevo…- -Vivi!... Umani!...- -Per un atto di fede e d’amore verso il mio buon Gesù Bambino…- -Sì, proprio molto belli, Peppi u santu, i tuoi presepi! -Ribadì il fanciullo. -Poveri ma ricchi d’amore; ed hai detto bene prima: Dove andrebbe a nascere il Bambinello Gesù senza la tua grotta?... Vedi, Giuseppe, che devi portarlo a termine il tuo presepe?...- Il vecchio staccò gli occhi dal fanciullo, guardò ancora il suo lavoro appena abbozzato, scosse la testa e si deterse, col dorso d’una mano, le lacrime di nostalgia e rabbia che non riuscì a ricacciare indietro. -Ah se almeno ci fosse uno dei miei figli ad aiutarmi!-pensò. -Ma no, poveri figli anche loro!... Come potrebbero essere qui?... Il lavoro, la famiglia, i disagi… Venire da tanto lontano, dalla Germania, per chi?... Per cosa?...- Si deterse di nuovo, con le mani, gli occhi divenutigli gonfi e acquosi e, in un atto di sfogo gli scappò di dire: -Ci fosse almeno la mia vecchia!...- Guardò il fanciullo che non si era mosso da vicino la porta e che l’osservava, e si morse un labbro pentito d’aver pronunciato quella frase: un immeritato rimprovero a ma’ Carmela, ché, come spesso pensava, aveva avuto la fortuna di morire prima di lui. Il fanciullo sembrò capire e gli sorrise; gli si avvicinò, gli carezzò i bianchi capelli scomposti e gli disse: -Vedrai, Giuseppe, lo finirai anche questa volta il tuo presepe; poi potrai riposare sereno quanto vorrai-. -Ma tu chi sei per essere così certo che lo finirò il mio presepe?- Chiese Peppi u santu, un po’ spaventato, ricordandosi che quel fanciullo, nel rione, non l’aveva mai visto-. -Che importa chi sono?... Vieni- fu la risposta del fanciullo che stese verso di lui una mano per indurlo ad alzarsi. -Non hai detto che ti occorre un aiuto?...- Il mattino seguente: Natale, l’assistente sociale dell’assistenza comunale in casa, trovò Giuseppe Angrisani, detto Peppi u santu, seduto sulla sua vecchia sedia mezza spagliata, dinanzi al presepe finito e col Bambinello nella mangiatoia della grotta, circondato da innumerevoli pastori. Era morto il vecchio Peppi u santu, ma aveva in volto una strana, chiara luce, la fronte spianata dalla ruga e sulle labbra un sereno sorriso di riposo e soddisfazione.
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