Data: 30/04/2008 - Anno: 14 - Numero: 1 - Pagina: 13 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Marco Innocenti (Altri articoli dell'autore)
Egregio Direttore, sono padre Marco Innocenti, missionario comboniano in Etiopia tra il popolo dei Gumuz, in mezzo al quale svolgo prima evangelizzazione e assiduo lettore del vostro periodico “La Radice”. Le scrivo in merito al nostro carissimo don Andrea Spagnolo, recentemente scomparso, per rendere testimonianza alla sua venerabile figura di uomo di Dio, che fino all’ultimo momento della sua vita ha espletato il suo ministero sacerdotale offrendo ogni suo pensiero ed ogni sua sofferenza per i missionari e per l’allargamento del Regno di Dio tra gli africani. Ancora da novizio (1996) ho avuto la grazia di beneficiare della borsa di studio da lui offerta per preparare un giovane a diventare missionario, e da quel giorno in poi è cominciato il nostro contatto epistolare durante tutte le fasi della mia formazione: quando ero in Kenya studente di teologia, fino al mio ritorno a Roma dove mi sono laureato in teologia biblica alla Gregoriana ed alla mia ordinazione sacerdotale avvenuta nel mio paese in provincia di Firenze. Non lo avevo ancora incontrato di persona, ma l’occasione si presentò per il 60° anniversario della sua ordinazione presbiterale che venne a celebrare a Napoli dai suoi congiunti, presenti anche i parenti di Reggio Calabria (2003). Li raggiunsi allora da Roma in treno e potetti partecipare alla loro gioia. Commovente fu la concelebrazione dell’Eucaristia, lui prete anziano, ma con un entusiasmo giovanile per la missione, io prete novello pronto a partire di lì a pochi giorni per la mia prima missione in Etiopia, che sapevo già sarebbe stata difficile ed ardua perchè nuova: iniziare il lavoro di evangelizzazione in mezzo ad un popolo nilotico, vissuto fino ad ora nella foresta, disprezzato e fatto schiavo dagli abitanti degli altipiani fino a qualche decennio fa perchè di pelle nera; i Gumuz infatti sono una popolazione di origine sudanese che si differenzia grandemente dagli altri etiopici (semiti e cushiti) di pelle più chiara. Nella sua omelia don Andrea faceva limpidamente trasparire il suo cuore vibrante di fede e di amore per i missionari, che in quel momento non mi sentivo di meritare affatto per le preoccupazioni che si stratificavano nella mia mente, per l’ignoto a cui andavo incontro e per i genitori che io, figlio unico, lasciavo soli. Dopo 8 mesi di studio della lingua amarica ad Addis Abeba, finalmente ho iniziato il mio lavoro nella missione tra i Gumuz. Io ed un altro padre anziano vivevamo in una casa tradizionale fatta di pali in legno, fango e tetto in lamiera, nell’attesa di costruire la nuova missione che comprendesse la casa, la chiesa, una scuola materna ed un salone per alfabetizzazione ed altre opere sociali. Anche in quella occasione don Andrea ci dette una mano mandandoci offerte per pagare le costruzioni, alcune raccolte da amici, altre di tasca sua, anche perchè la sua condizione di salute non gli permetteva di stancarsi più di tanto in lavoretti che qualche anno prima egli stesso faceva per aiutare le missioni. Dopo tre anni di missione, finalmente l’anno scorso sono venuto in vacanza in Italia per un paio di mesi e per l’occasione sono venuto in Calabria a trovare don Andrea, residente nella “Villa della Fraternità” a Sant’Andrea. Visitammo “Serra San Bruno”, mangiammo delle gustosissime orate fresche, insieme celebrammo la Santa Messa. Ma la sua preoccupazione era sempre come aiutare la mia missione, per questo si raccomandava al suo grande amico Vincenzo Martello, adesso anche mio, che avrebbe dovuto continuare anche dopo la sua morte a coinvolgere sempre più gente per la causa africana. Per questo da loro e da tanti amici originari di Badolato e dintorni, che ringrazio tanto per la loro generosità, mi è giunta qualche offerta per il mantenimento della Scuola Materna della missione che ospita più di 150 bambini gumuz. Inoltre il nostro lavoro in mezzo ai Gumuz è la costruzione, il mantenimento e la conduzione di alcune scuole elementari (fatte in stile etiopico) nei diversi villaggi sparsi nel vastissimo territorio della nostra missione: attualmente ne abbiamo 7. L’educazione in mezzo a questo popolo è necessaria, essendo il 93,7% della popolazione analfabeta. `E9 di qualche settimana prima della sua scomparsa l’ultima telefonata che ho ricevuto da lui qui nella mia missione tra i Gumuz: prima di passarmelo, mi disse Vincenzo che era l’ora per don Andrea di coricarsi, ma prima mi voleva sentire. Egli mi disse che avrebbe pensato ancora una volta alla mia missione. A ripensarci ora mi vengono in mente le parole di San Daniele Comboni: <<Morirò con l’Africa sulle labbra>>. E Don Andrea morì il 25 agosto 2007, ma è vivo in Cielo ed opera ancora più attivamente di prima per le missioni, vegliando su di me e sui Gumuz. p. Marco Innocenti |