Data: 31/03/2004 - Anno: 10 - Numero: 1 - Pagina: 28 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Mario Ruggero Gallelli (Altri articoli dell'autore)
L’utilizzo di alcuni strumenti di gioco era legato a ricorrenze religiose o a festività civili; la realizzazione di altri strumenti, invece, era subordinata necessariamente al ciclo botanico. Pensiamo ad esempio al “tururù”, uno strumento di canna recuperata nei nostri canneti, reperibile lungo i burroni e i greti dei torrenti, quando la sua struttura vegetativa era avanzata ma non ancora arrivata a maturazione. Da una giovane canna veniva prelevato un “cannòlu” (pezzo di canna), tagliato nei due nodi di cui uno annullato, per soffiarci, mentre sull’altro veniva praticato un foro. Nella parte superiore, in prossimità di quest’ultimo nodo, veniva asportato uno strato di tenera canna avendo cura di far rimanere intatta la pellicola esistente all’interno. Il soffio, prima di fuoriuscire dal foro, faceva vibrare in modo stridente il sottile velo, diffondendo una originale musica tanto modulata quanto modulato era il soffio emanato.
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