Data: 30/06/2003 - Anno: 9 - Numero: 2 - Pagina: 16 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Immacolata Larocca (Altri articoli dell'autore)
Nell’era tecnologica nella quale viviamo, gli elettrodomestici presenti nelle nostre case facilitano non poco lo svolgimento dei lavori casalinghi. Oggi basta caricare la lavatrice, programmarla, schiacciare un pulsante e poi si vanno a ritirare i panni già puliti; lo stesso per i piatti. . E che dire del forno elettrico ed a microonde, dell’aspirapolvere, della scopa elettrica, della cucina a gas e così via. Non era invece tanto facile accudire alle faccende domestiche sino alla seconda metà del secolo scorso. In quel tempo l’acqua non c’era in casa e bisognava andare ad attingerla alle fontane pubbliche e ancor prima alle sorgenti vicine al paese, motivo per cui lavare i panni in casa era impossibile. E allora fino a quando l’acqua di Copino e di Graneli non veniva completamente prelevata dai contadini per irrigare gli orti, le nostre donne andavano a lavare i panni a questi due torrenti attigui al paese. Quando poi l’acqua veniva qui a mancare, andavano a Vodà e qualche volta anche a Gallipari. In un cestone portavano i panni sporchi alla fiumara e li “assammaravano”. Insaponati li riportavano a casa, e qui poggiata “a ritehra” su un rialzo, vi ponevano sopra “a grasta” e li “ncofanavano”. Dopo li coprivano ben bene con il “vucataru” e ci versavano sopra a poco a poco una “cardarata” di acqua bollente mista a cenere. Con la “lissìa” che veniva fuori lavavano i panni colorati. Il giorno dopo i panni li “”scofanavano” e messi di nuovo nel cestone li riportavano alla fiumara per sciacquarli. Poi, se il tempo prometteva bene, li stendevano al sole sul greto del torrente o sui cespugli vicini, altrimenti li riportavano a casa. Ogni “ruga” aveva il suo posto stabilito dove stenderli. Quindi per fare il bucato occorrevano tre giorni di pesante lavoro, ma alla fine da quella biancheria veniva fuori un profumo ed un bianco al cui confronto non regge alcun detersivo usato ai giorni nostri. Senza pericolo di inquinamento delle acque con conseguente abbondante crescita delle alghe e morte dei pesci e di altri animali acquatici. VOCABOLARIETTO assammaràra = lavare i panni con sapone; ritèhra = arnese di terracotta, ma anche di legno, per lo scolo della liscivia; grasta = recipiente di terracotta senza fondo in cui si faceva il bucato; ncofanàra = sistemare i panni insaponati nella “grasta”; vucatàru = grosso panno sul quale si depositava la cenere del bucato; scofanàra = togliere i panni dalla “grasta”; cardaràta = quantità di acqua e cenere contenuta nella caldaia; ruga = rione. |