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Data: 31/03/2007 - Anno: 13 - Numero: 1 - Pagina: 41 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

“CHI TROVA UN AMICO TROVA UN TESORO”

Letture: 1189               AUTORE: Giovanna Durante (Altri articoli dell'autore)        

L’amicizia è un sentimento eterno ed universale, un legame affettivo che caratterizza la vita dell’uomo e ne rivela la nobiltà d’animo.
L’amicizia vera, basata sulla stima reciproca e sul rispetto vicendevole è quella che dura inalterata e che spesso si rafforza malgrado gli anni che passano e la distanza chilometrica che divide. Purtroppo esiste anche un altro tipo di amicizia che inizia nel modo giusto, ma poi si perde nel corso degli anni, spesso per futili motivi, o quella che si mantiene in modo blando e superficiale fino a limitarsi all’incontro casuale o al semplice scambio di idee.
L’amico non cessa di essere tale neppure quando viene abbandonato o trascurato; tale situazione negativa, quando si verifica incide sicuramente sull’espressione dell’amicizia trasformandola ma non distruggendola, se il fondamento su cui poggia è veramente solido.
Ma come si fa a sondare la schiettezza di un sentimento così intimo che alberga nel cuore di un uomo? Sicuramente le difficoltà come la malattia e il bisogno rappresentano la prova del fuoco, la verifica attendibile per la solidità del rapporto amicale. Ed è perciò che anticamente si diceva: “Càrciaru, malatìa e necessitàti scandàgghjanu lu cora de l’amìcu.” (Carcere, malattia e necessità sondano il cuore dell’amico). In tempi più lontani lo scrittore latino Ennio scriveva: “Amicus certus in re incerta cernitur” (Il vero amico si riconosce nelle necessità). Infatti è nelle situazioni più dolorose che ci si aspetta la solidarietà e il conforto dell’amico che in alcuni casi non può limitarsi alla semplice parola d’incoraggiamento ma deve agire in maniera concreta e nei limiti delle proprie possibilità per venire incontro ai bisogni dell’altro. “L’amìcu non dìcia ma fàcia” (L’amico non dice ma fa).
Quel che si dice per l’amicizia vale anche per il comparatico che è sempre stato, e lo è ancora oggi, un legame molto forte, simile alla parentela, ma con quel senso di rispetto più accentuato che lo impreziosisce. “Amìcu e cumpàra nto bisògnu para” (L’amico e il compare si riconoscono nella necessità).
Veniamo ora ad un altro proverbio molto usato dai nostri antenati, oggi raramente citato: “Amicìzia si mantèna si u cannìstru vàcia e bbena”. Se veramente l’amicizia fondasse il suo essere sull’andirivieni del canestro pieno di doni, sicuramente perderebbe il suo smalto, divenendo qualcosa di interessato e formale e non esclusivamente basato su un rapporto di stima e di reciproco rispetto. C’è da supporre invece che esista un senso più profondo nel proverbio citato che è quello della necessità di una reciprocità dei comportamenti e non quello dell’incentivo dei doni tra le due parti. Tuttavia non esiste una vera amicizia né un vero comparatico quando le esternazioni necessarie ad un rapporto affettivo sono a senso unico. Non si può sempre dare o sempre ricevere, né si può appesantire l’amicizia con sovrastrutture e condizionamenti; occorre invece viverla come un dono, come un’esperienza sempre nuova e bella, come fonte di affetti spontanei e di disponibilità alla condivisione. Solo così l’amicizia è un tesoro.


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