Data: 31/12/2015 - Anno: 21 - Numero: 3 - Pagina: 28 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Giovanna Durante (Altri articoli dell'autore)
“A FÌMMANA, BONA O MALA, VÀCIA VASTUNIJÀTA TRI VOTI A SIMÀNA”
Sin da epoca preistorica l’uomo ha inteso affermare la propria autorità, basandola spesso sulla forza fisica; basti pensare alla famosa clava di cui si serviva il cavernicolo per imporsi sulla sua compagna di vita! Col passare dei secoli il mondo ha subito tanti cambiamenti che hanno civilizzato l’umanità e fortunatamente anche l’uomo ha mutato il modo di rapportarsi con i suoi simili. È stato un percorso lento e faticoso, durante il quale il maschio non ha mai inteso rinunciare alla sua posizione di comando e di presunta superiorità nei riguardi della donna. Del resto la cultura meridionale, soggetta a leggi arcaiche, ancorata a vecchie tradizioni, e quindi all’osservanza di incredibili tabù, assegnò alla figura maschile un ruolo predominante rispetto a quella femminile. Sicuramente si è poi abusato del termine capofamiglia fino a considerare l’uomo come giudice insindacabile del nucleo familiare; e fu così che il “culto” del maschio di casa, tramandato per generazioni, raggiunse proporzioni tali da assurgere quasi a legge di natura. La storia, però, ci insegna che tra uomo e donna non possono esistere differenze tali da giustificare alcuna superiorità dell’uno rispetto all’altra, e che anche la donna, quando le condizioni lo consentono, può impegnarsi ad un livello superiore a quello del cosiddetto sesso forte. Di ciò sono validi esempi i ruoli prestigiosi assunti nei secoli da donne che hanno contribuito al raggiungimento di traguardi importanti per lo sviluppo della scienza e della tecnica. Per comprendere realmente la condizione della donna in epoca remota dobbiamo riflettere su alcuni proverbi che rivelano il suo stato di vergognosa soggezione in seno alla famiglia ed alla società; primo fra tutti consideriamo il detto seguente: “A fìmmana, bona o mala, vàcia vastunijàta tri voti a simàna”. Cioè: la donna, che sia buona o cattiva, deve essere bastonata sistematicamente, senza alcun motivo, dal proprio uomo che deve consolidare quell’autorità che gli fu tramandata dagli antenati in un’epoca in cui la sottomissione femminile era considerata una condizione umana del tutto normale; addirittura, in molte zone della nostra regione, picchiare la propria donna fu considerato un atteggiamento di affermazione, di autorità e quindi un atto di orgoglio mascolino! Si diceva infatti che colui che non era “padrone” della propria moglie non poteva essere considerato un vero uomo! Pare inoltre che nella “ruga” di un tempo le percosse in famiglia fossero un rituale di cui i mariti, spesso ubriachi, erano i protagonisti, e la cui vittima era la donna di casa. Capitava ancora che qualche marito, pur non ritenendo giusto trattare come bestia da addomesticare la propria donna, per adeguarsi all’andazzo, tornando a casa dal lavoro fingeva una lite in famiglia: alzava la voce e batteva i pugni sul tavolo per farsi sentire dai vicini e creare, in tal modo, l’immagine dell’uomo che… si faceva rispettare; ma pare anche, cosa inaudita, che alcune donne di un tempo considerassero come segno d’amore le botte ricevute dai propri mariti. Tra i vari proverbi che maggiormente testimoniano i soprusi e le ingiurie subite anticamente dalle donne ricordiamo ancora il seguente: “A fìmmana arrèdi a cuda do ciucciu” (“La donna deve stare dietro l’asino”). Oppure. “Cu nuhr1u pozzu, cu mugghjèramma pozzu” (“Contro nessuno posso osare tanto, eccetto che con mia moglie”). Non sono detti edificanti per la donna, che si vedeva insultata e mortificata nella sua dignità umana; ma neanche per l’uomo che si appropriava arbitrariamente del ruolo di marito e di padre-padrone, senza l’apporto di motivi validi a dimostrare la minima legittimità di tali pretese. Se è vero che i proverbi sono lo specchio dei tempi e rivelano l’anima di un popolo, bisognerebbe chiederci come si poteva vivere in un mondo così barbaro! Purtroppo succede di peggio nell’attuale società, dove esiste il grande paradosso di una civiltà post-industriale e supertecnologica in cui i diritti umani vengono spesso calpestati e la violenza fisica, particolarmente sulle donne, prevale sul rispetto umano e sulla legalità, culminando, come ben sappiamo, con il femminicidio. Per concludere mi piace citare un proverbio, conosciuto in Italia e in altri Paesi del mondo, che così recita: “Va’ da tua moglie e picchiala, tu non ne conosci il motivo, ma lei sì.”. Tutto il mondo è paese, ma un paese di pazzi! Giovanna Durante |