Data: 31/12/2009 - Anno: 15 - Numero: 3 - Pagina: 35 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Antonio Fiorenza (Altri articoli dell'autore)
Sembrerebbe irriguardoso e dispregiativo, se il nome non cogliesse tutto il senso pregnante del termine “mammina”, più specificatamente ostetrica di professione, abilitata, attraverso un regolare corso di studi in apposita Scuola, ad aiutare la donna a partorire, quando, fino agli anni Cinquanta del Novecento, il parto avveniva in casa, sia pure tra tanti rischi e pericoli, anche in assenza di preventive visite ed accertamenti nel corso della gestazione. La figura richiama alla mente la maieutica di Socrate, nella funzione esplicata dalla madre, ed aveva nei paesi un ruolo di prestigio, determinante, per quell’indispensabile assistenza al parto, prevista dallo Stato, che l’assumeva in ruolo, quale dipendente titolare di condotta, incaricata di pubblico servizio sanitario. Pronta ad accorrere, ovunque chiamata, quando la donna gravida, compiuti i mesi, cominciava ad avvertire i primi sintomi, restava con la stessa e l’aiutava a partorire, impartendo istruzioni, compiendo manovre, impegnata in quella serie di operazioni che facilitavano la “venuta alla luce” di una nuova vita, annunciata con quell’improvviso vagito, che compensava di botto il travaglio, tutto il dolore, le sofferenze che il parto comporta. Era lei che prendeva per prima in braccio il neonato, una volta tagliato il cordone ombelicale, lei quella che faceva la pulizia al corpicino, lavandolo nella bacinella, -primo bagno- lei che lo registrava e l’accostava al seno della madre per la prima poppata. Quanta tenerezza di affetto, in questo gesto, in questo atto di amore, che si ripete, ritualmente, ogni qual volta viene alla luce una creatura! Grazie alle competenze, all’abilità, alla prontezza di questa seconda mamma, siamo venuti alla luce ed abbiamo ricevuto il battesimo, primo dei Sacramenti, sempre con la sua assistenza. Di questa nobile figura non resta che un ricordo, legato ad un’epoca, in cui il parto era essenzialmente un atto naturale ed i figli una benedizione di Dio, una gioia, una vera ricchezza anche per la famiglia più povera, che vedeva rinsaldato il vincolo di consanguineità, allargato tra parenti. Soverato, Festa di San Giuseppe, 2007 Antonio Fiorenza
Nella certezza che sarebbe stata cosa gradita anche all’amico Totò Fiorenza, se ci fosse stato accanto, corrediamo il suo articolo con le fotografie di due “mammàne” alle quali egli non poteva non pensare scrivendo, perché hanno meritoriamente operato in Badolato per molta parte del secolo ventesimo, laciando ricordi molto belli in chi le ha conosciute. Donna Margherita, vissuta sempre con la famiglia a Badolato dopo il matrimonio, tra i rimasti non più giovani viene ancora oggi indicata con la sola espressione “a mammàna”. E si ricorda anche la brava signora Amelia Pirrò, l’ultima “mammàna” classica di Soverato. |