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Data: 31/12/2013 - Anno: 19 - Numero: 3 - Pagina: 7 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

CI RICORDEREMO DEL SIRLETO?

Letture: 1327               AUTORE: Ulderico Nisticò (Altri articoli dell'autore)        

Lunghissima è la lista delle ricorrenze storiche che la Calabria si è lasciata sfuggire: una per
tutti, san Francesco di Paola, quanto dire! Nel 1514 ricorre il quinto centenario della nascita del
cardinale Guglielmo Sirleto di Guardavalle, o, come pensano altri, di Stilo; a tutt’oggi non c’è
traccia di alcuna intenzione di far qualcosa, e perciò ci pensiamo, nella nostra modestia, qui noi.
I Sirleto erano una buona famiglia del casale “a difesa della valle”, militari, funzionari
della città, ecclesiastici. Il padre era un medico, la madre si crede fosse una Politi di Cropani.
Guglielmo studiò a Napoli, e passò a Roma percorrendo la carriera ecclesiastica in Vaticano,
amico e collaboratore dei cardinali Seripando e Cervini che sarà, per un solo mese di vita,
papa Marcello II (1555) e lo nominerà custode della Biblioteca. Paolo IV (1555-9) lo confermò,
aggiungendo la dignità di protonotaro apostolico. Fu attivissimo nei lavori del Concilio
di Trento senza parteciparvi personalmente, ma fungendo, per mezzo di corrieri, da consulente
culturale e teologico con la sua formidabile cultura greca, latina, ebraica. Lo stesso Paolo
IV lo creò cardinale con il titolo di diacono di San Lorenzo in Panisperna. Si parlò di lui come
candidato al soglio nel Conclave del 1566, quando l’eletto, il Ghisleri, prima di accettare,
volle ricevere l’assenso del competitore. Uomo di cultura e non d’azione, lo Spirito Santo gli
preferì il forte e rude Pio V, che invierà la flotta italospagnola alla grande vittoria di Lepanto.
Si tornò a parlare di Sirleto nei Conclavi seguenti.
Presiedette importanti commissioni, e, tra queste, quella del calendario, e svolse funzioni
diplomatiche, in particolare durante la crisi dell’abdicazione di Carlo V (1555). Morì nel
1585, assistito dai futuri santi Filippo Neri e Carlo Borromeo; di questi era stato maestro.
Questa scarna biografia ha bisogno di essere completata, intanto con l’elenco e lo studio
dei molti manoscritti che il cardinale lasciò inediti. Per conto nostro, abbiamo pubblicato con
ampio commento la predica che per la sua morte tenne in Squillace padre Lattanzio Arturo da
Cropani. Vogliamo qui rilevare che quella del Sirleto non è la figura di un calabrese di nascita
e forestiero di vita, come tanti, e che il suo rapporto con la terra natale non s’interruppe.
Possiamo individuare quello che abbiamo altrove definito il “circolo dei calabresi in Roma”,
composto da intellettuali che preferivano saltare Napoli e cercare protezione e spazi in quella
che, sede papale e cosmopolita, era pur sempre la caotica e promettente capitale del mondo!
Nel 1571 Gabriele Barrio pubblica a Roma la sua opera storiografica; nello stesso tempo,
Francesco Grano di Cropani dà alle stampe il “De situ… ”, ed entrambi si danno a recuperare
l’immagine di una Calabria di cui già allora si usava dir male. A Luigi e Antonio Giglio di
Cirò si rivolge Sirleto per la riforma del calendario, approvata da Gregorio XII nel 1582 e oggi
in vigore. Tommaso Arturi, fratello di padre Lattanzio e guerriero e storiografo, opera a Roma;
vi troviamo anche il Quattromani, il Pelusio, il Casopero, il Casella, il Franchini…
Sirleto fu vescovo di San Marco [Argentano], poi, nel 1568, di Squillace, che allora comprendeva,
come fino a pochi decenni fa, Stilo e il suo territorio. Alla cattedra scilletina rinunciò
dovendo vivere a Roma come bibliotecario apostolico, e volendo obbedire ai dettami del
Concilio sulla residenza dei presuli nelle sedi diocesane. Gli successe il nipote Marcello; a
questi nel 1594 Tommaso, morto nel 1601; e, dal 1603 al ’35, Fabrizio.
Grecista e orientalista, il cardinale Guglielmo rivolse il suo sguardo a quanto restava del
monachesimo greco, che nel 1579 venne organizzato in un Ordine di san Basilio secondo il
modello degli Ordini latini. Questi Basiliani moderni vissero fino al XVIII secolo; uomini
colti, ridiedero vita alla cultura greca, quale che fosse la loro lingua naturale.
Restano tracce notevoli del lavoro spirituale e culturale di Guglielmo e dei suoi nipoti e
successori: il Seminario di Squillace ed edificazioni che i terremoti devastarono, tra cui il

monastero delle Clarisse a Squillace; l’imponente, anche se mai terminata e oggi in riuso,
chiesa di San Carlo Borromeo a Guardavalle. La Biblioteca Barberina di Roma è composta di
libri già del vescovo Marcello in Squillace. Sotto Tommaso si svolse il primo processo al
Campanella per l’inconcludente congiura.
Ci sarebbe da studiare, tenere convegni, pubblicare scritti, stringere rapporti con Roma,
Milano e altrove, se Stato, Regione, Provincia, Comuni interessati e Diocesi volessero adoperarsi.
Io spero di aver dato il buon esempio.


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