Data: 30/04/2021 - Anno: 27 - Numero: 1 - Pagina: 16 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
CONSIDERAZIONI RELIGIOSE E SCIENTIFICHE SULLE ORIGINI DELLE PANDEMIE |
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AUTORE: Giulio De Loiro (Altri articoli dell'autore)
La storia dell’umanità è stata sempre contrassegnata da improvvise e devastanti epidemie, ed esse hanno trovato spazio nelle opere dei grandi autori della letteratura occidentale, a cominciare da Omero, che inizia l’Iliade proprio con dei versi riferiti alla peste micidiale che ha colpito l’esercito greco, impegnato nell’assedio di Troia. Il riferimento di Omero è alla pestilenza scatenata dal dio Apollo, che ascolta le preghiere di un suo sacerdote, a cui Agamennone, capo dell’esercito greco, ha sottratto la figlia per farne la sua concubina. La spiegazione sull’origine di questa pestilenza da parte del cieco poeta di Cos è di natura religiosa, perché Omero individua la causa scatenante del morbo nel rapimento di Agamennone di Criseide, la figlia del sacerdote di Apollo e racconta che il dio, per punire questo grave sgarbo religioso, castigò il re di Argo con un’epidemia che decimò l’esercito greco. Alla fine, davanti al triste spettacolo di centinaia di morti e anche dietro consiglio degli indovini, Agamennone si piegò alla volontà di Apollo e restituì Criseide al padre, sostituendola con Briseide, l’amata schiava di Achille. Ovviamente tale soluzione determinò un forte contrasto con il figlio di Teti, che manifestò la sua collera nei confronti di Agamennone, riducendo il proprio impegno nei combattimenti contro i Troiani. Ma per il capo della spedizione militare greca, l’ira di Achille era preferibile a quella del dio Apollo. Nel passato, anche dopo Omero, é prevalsa la tendenza ad individuare l’origine delle pandemie nella vendetta delle divinità nei confronti delle popolazioni per la loro tracotanza e il dispregio di ogni regola del vivere civile. E però, su una sponda opposta e per noi sicuramente più credibile, si sono posti anche medici e scienziati, che hanno cercato di spiegare le diverse forme di epidemia come eventi ciclici ricorrenti, dovuti all’azione contagiosa di virus sconosciuti. Si tratta di un doppio binario, quello religioso e scientifico, che ha costantemente spiegato le origini delle diverse pestilenze che hanno segnato la millenaria storia dell’uomo. Sicuramente l’episodio raccontato da Omero rappresenta la prima descrizione sull’origine “divina” di una pandemia, la prima, ma non la sola. Infatti, qualche secolo dopo, si trova un’altra spiegazione divina per tale triste e sconvolgente fenomeno: il riferimento è alla peste che colpisce la città di Tebe e che trova spazio nella famosa tragedia di Sofocle intitolata “Edipo re”. In essa il tragediografo ateniese riferisce in modo chiaro che sono stati gli dei dell’Olimpo a scatenare la pestilenza contro gli abitanti di Tebe, in quanto colpevoli di aver accolto nella città e acclamato come loro re Edipo, un uomo che aveva infranto la legge degli dei, perché, pur senza saperlo, aveva ucciso il padre Laio e aveva sposato la madre Giocasta. Da qui la collera degli dei nei confronti di tutti i tebani, e ciò a dimostrazione che la vendetta divina colpiva tutti indistintamente, anche se a sbagliare era stato il solo Edipo. Talvolta, sempre nel mondo greco, alla spiegazione divina sull’origine delle pestilenze veniva spesso mescolata anche la superstizione. È quanto accade al tempo della peste di Atene del 429 a. C., una terribile epidemia che uccise lo stesso Pericle e che trovò grande spazio ne “La guerra del Peloponneso” di Tucidide. A tal punto, però, con lo storico ateniese, circa la spiegazione dell’origine della peste, si determina una vera e propria svolta, nel senso che Tucidide fu forse il primo a capire che la peste che aveva colpito la capitale dell’Attica non era riconducibile all’ira degli dei, ma proveniva dall’Etiopia e che era giunta ad Atene, diffondendosi attraverso il contagio per vie naturali. A riguardo delle ipotesi che circolavano sulla causa della peste di Atene, Tucidide, come unica concessione fuori dalla ragione, fa riferimento solo alla voce, secondo la quale tutto era iniziato con “l’avvelenamento dei pozzi messo in atto dagli Spartani, nemici di Atene ed impegnati nella guerra del Peloponneso”. Sulla scia dello storico ateniese si ritrova, ma in una forma completamente nuova, e direi rivoluzionaria, la posizione di Ipparco, medico e geografo di grosso spessore scientifico, il quale ha rivoluzionato il vecchio concetto della medicina associata alla teurgia e alla filosofia, fissando per questa disciplina conoscenze e tecniche nuove che poi migliorarono anche l’operato dei medici. Ippocrate, avendo peraltro vissuto, così come Tucidide, a ridosso della peste di Atene, scrisse che in essa non c’era niente di sacro riconducibile agli dei, in quanto la peste trovava la sua spiegazione nella “struttura naturale e cause razionali”, che sono proprie di ogni malattia e che altre spiegazioni erano dettate da “maghi, ciarlatani ed impostori”, che di solito attingevano al divino e alle superstizioni per la loro sprovvedutezza e ignoranza. La posizione di Ippocrate fu importante e rappresentò un vero e proprio spartiacque circa la spiegazione delle origini delle epidemie, perché, come ha di recente spiegato l’epidemiologo Charles Edward Winslow, “se la malattia viene postulata come un evento causato dagli dei o demoni, il progresso scientifico non avrebbe senso e non sarebbe spiegabile”. Per tale ragione si può affermare che con Ippocrate, nella spiegazione delle cause delle epidemie, inizia un’altra storia, con un percorso del tutto nuovo, nel quale sarà sempre la scienza a fare luce sulle cause vere delle pandemie e saranno i medici e gli scienziati a proporre possibili soluzioni che potranno alleviare e bloccare gli effetti devastanti di ogni forma di pestilenza. Pur tuttavia, è bene dire che la posizione di Ippocrate non mette definitivamente a tacere quanti legavano il sorgere e la diffusione delle pandemie a cause diverse e non scientifiche. Infatti, per la peste di Giustiniano riferibile al 541 d. C., la responsabilità dello scoppio della pestilenza fu addebitata allo stesso Imperatore bizantino, che con una condotta deplorevole ricca di misfatti aveva determinato la collera degli dei, che per vendetta avevano scatenato una terribile pestilenza che aveva portato morte e dolore in tutto l’impero. Va detto, però, che anche su questa stessa epidemia a fare chiarezza successivamente sarà la scienza e lo farà con lo scienziato Snowden, il quale, ricostruendo i luoghi di diffusione del morbo, ha individuato l’origine del male nel delta del Nilo e che da lì successivamente “si propagò in diciotto ondate successive nell’impero per un periodo di duecento anni fino al 755, quando scomparve definitivamente e misteriosamente così come era arrivata”. Durante l’epoca della cristianità occidentale, riemerge con forza la linea religiosa. Infatti, quando una grave pestilenza colpisce nel 590 Roma, dato che la città viene miracolosamente salvata e, secondo la credenza dei fedeli, per l’intervento dell’Arcangelo Michele, è generale la convinzione che il tutto, l’origine della peste e la salvezza di Roma, ha un legame divino e trova in Dio ogni spiegazione. Né in questo nostro percorso non si può non fare riferimento alla cosiddetta “morte nera”, che dal 1300 al 1700 fu determinata dalla peste bubbonica, che in tutta Europa ha mietuto centinaia di migliaia di vittime ed ha avuto effetti devastanti sulla vita sociale ed economica di molti paesi, influenzando profondamente la religione e la cultura popolare e dando origine a nuove forme di devozione e di culto dei Santi. Settore quest’ultimo particolarmente interessante, in quanto la peste bubbonica diede luogo a profusione a sermoni religiosi, il cui tema centrale era la “teodicea”, vale a dire “la difesa della benevolenza di Dio onnipotente davanti al male e al dolore”. La “teodicea” in effetti rappresenta la testimonianza più chiara di una religiosità esagerata, che sul fronte opposto, però, determina in alcuni pensatori la spaventosa conclusione della mancata esistenza di Dio, in quanto responsabile della morte e del dolore di tanti popoli incolpevoli. Una testimonianza della contrapposizione di queste teorie viene offerta dalla città di Milano, che fu colpita nel 1600 dalla peste descritta dal Manzoni ne “I promessi sposi” e che vede protagonista il Cardinale Carlo Borromeo. L’alto prelato, preoccupato per la diffusione della peste bubbonica, promuove in tutta la diocesi delle processioni con migliaia di flagellanti, con la speranza che esse avrebbero potuto sollecitare la misericordia divina con un intervento miracoloso e salvifico. Ma quella del Cardinale fu una speranza che svanì nel giro di pochi giorni, in quanto il risultato di quelle processioni dei fedeli finì per moltiplicare il numero dei contagiati. A tal punto, lo stesso Arcivescovo di Milano fece marcia indietro e si rese promotore di un preciso contrordine. Infatti, si rivolse ai fedeli con queste parole: “Pregate, ma statevene a casa”. Queste prese di posizioni tra loro contraddittorie si ripresentano in tutto l’arco temporale dell’arrivo delle pesti, e spesso trovano spazio in grandi autori come Giovanni Boccaccio, Daniel Defoe, Alessandro Manzoni, Albert Camuse e William Shakespeare. Riguardo all’illustre tragediografo inglese del ’600, il giornalista Siegmund Ginzberg, nell’ultimo suo libro “Racconti contagiosi”, edito da Feltrinelli, precisa che Shakespeare infilò 118 volte la peste nelle sue tragedie e 14 volte il termine pestilenza. Ed è una tendenza che è continuata a rimbalzare fino alla seconda metà del Novecento, in epoca di guerra fredda, di fronte alla prospettiva di un possibile conflitto nucleare, fino ad avere eco nel film di Ingmar Bergman del 1957 il “Il settimo sigillo ”. Tutto ciò, a dimostrazione che l’inoltrarsi sulle ragioni del sorgere delle epidemie ha di fatto determinato riflessioni religiose, filosofiche e scientifiche, che hanno contribuito ad animare un forte dibattito culturale che è andato oltre le ragioni vere o presunte delle pandemie, che hanno segnato la storia dell’umanità. |