Data: 30/09/2005 - Anno: 11 - Numero: 3 - Pagina: 14 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Mario Ruggero Gallelli (Altri articoli dell'autore)
“ Nc’era na vota…” Iniziavano sempre così “I cunticèhr!i” (le favole) che i nostri nonni ci raccontavano attorniati al braciere nelle lunghe serate d’inverno mentre gli spifferi, provenienti dalle sgangherate finestre, ti gelavano la schiena: ma era tanto il coinvolgimento in quella storia, dove l’orco inseguiva il bambino per mangiarlo, che anche il freddo sembrava meno pungente. Con palpitazione si aspettava l’epilogo del racconto presentato con maestria per meglio far breccia nelle nostre coscienze. Il furbo ragazzo, salito sull’albero che si specchia nel fondo dello stagno, aveva attirato l’attenzione dell’orco, maligno quanto stupido. L’animale dalle lunghe zanne infatti, nella speranza che bevendo l’acqua avrebbe acchiappato il bambino, è finito invece per scoppiare. Vinceva il bambino la sfida con l’orco, trionfava l’amore di “Tantàlana” e a noi bambini rimaneva una grande ammirazione per i protagonisti e un forte arricchimento interiore. E se è vero che raccontare “nu cunticèhr!u”era un magnifico passatempo e un ottimo mezzo per sviluppare la fantasia, allora esso può essere considerato il principe dei giochi. Riunirsi e raccontare permetteva a ogni ragazzo di trasmettere le storie ascoltate la sera prima dai nonni. “A sapiti chihr!a…” e il tempo passava veloce in un’altalena di gioia e paura, speranza e delusione, secondo che si parlasse di fate o di streghe, di maghi o ladroni. Quando si scioglievano le righe si rimaneva tutti più ricchi con le nostre piccole menti indaffarate a meditare sulla morale della favola. |