Data: 30/12/2020 - Anno: 26 - Numero: 2 - Pagina: 39 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
MA CHE LINGUA PARLIAMO E SCRIVIAMO?! |
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AUTORE: Vincenzo Squillacioti (Altri articoli dell'autore)
Per decenni, fin dagli anni Sessanta, m’è toccato di discutere -quasi sempre invano- sulla differenza, nella lingua italiana scritta, tra l’accento acuto e l’accento grave, e quindi su la “e” voce del verbo essere che va scritta con l’accento grave (è), mentre la “e” finale di alcuni termini accentati va scritta con l’accento acuto (é). E spesso anche in merito all’abituale errore grammaticale che consisteva -e consiste- nell’uso del pronome “gli” invece di “loro” quando il nome cui si riferisce è un plurale. E tante discussioni sull’altrettanto abituale uso di “qual’è” con l’apostrofo, invece del corretto “qual è” senza apostrofo. Così come del pronome “ne” che viene usato anche in presenza del nome cui si riferisce (“Di Manzoni ne abbiamo parlato”, invece che “Di Manzoni abbiamo parlato”). Mi fermo qui. Il mondo cammina, si dice. Perciò, codificate quelle forme, e anche altre, erronee, si va avanti con altre strutture linguistiche, che, in verità, non sono certo causa della deriva dell’umanità, ma non aiutano a fare chiarezza nel non marginale settore della comunicazione tra gli uomini. Discorriamo, ovviamente, di lingua italiana nella quale si sente oggi l’espressione “piuttosto che” in senso inclusivo, dimenticando che per secoli ha avuto significato esclusivo. Si ha quindi che nel sentir dire, ad esempio, “voglio mangiar pasta piuttosto che carne”, non si capisce se si vuol mangiare “pasta e non carne”, oppure “pasta e carne”. Una delle ultime novità linguistiche, ad oggi, è l’uso di “esci il cane” per dire “fai uscire il cane”, trasformando il verbo intransitivo “uscire” in verbo transitivo. Se, come dicono i linguisti, la parola è il significante e il concreto cui essa si riferisce è il significato, con queste arbitrarie trasgressioni si contribuisce non poco a imbarbarire la lingua, cioè il maggiore strumento di comunicazione tra noi. L’Accademia della Crusca sta autorevolmente a guardare e a intervenire secondo propri criteri. Nel frattempo l’imbarbarimento avanza. Ma non solo nella sfera linguistica. |