Data: 30/06/2007 - Anno: 13 - Numero: 2 - Pagina: 38 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Vincenzo Squillacioti (Altri articoli dell'autore)
Sono ormai lontani gli anni in cui sentivamo dire che là dove oggi sorge il “centro storico” di Badolato Marina, la zona, cioè, intorno alla villa baronale dei Paparo, era detta di San Leonardo. Ancor prima, ovviamente, che fosse realizzato il nostro tratto di S.S. 106 (1937), ed anche prima della realizzazione della strada ferrata Reggio Calabria-Taranto e quindi la strada provinciale che collega Badolato con il suo scalo ferroviario (anni Settanta del 19° secolo). Ce ne parlò per primo il preside Antonio Anoja, al quale ci solevamo avvicinare per chiedere talvolta notizie sul nostro passato. E non ci fu facile capire, quando ne siamo venuti a conoscenza, perché nella marina di Badolato c’era una chiesetta dedicata a San Leonardo. Molto più tardi, poi, abbiamo scoperto che anche in Badolato Superiore c’era stata una chiesa dedicata a San Leonardo, santo che non trova alcun riscontro tra i nomi della nostra gente, a fronte dei 186 Antonio, 173 Giuseppe, 142 Vincenzo, 103 Pasquale, 96 Domenico, 93 Andrea, 81 Francesco (Nomi badolatesi dal 1920 al 2001, di Cecé Serrao, “La Radice”, n° 3/2001, pag. 15). Da qui la curiosità di scoprire del perché da quando e da chi l’introduzione a Badolato del culto di questo santo sconosciuto. Per cominciare, da uno scritto del professore Antonio Gesualdo abbiamo appurato che la chiesetta padronale di San Leonardo nei pressi del mare risale a data anteriore al 1746. Oggi è ancora lì, intatta, a dispetto degli insulti del tempo. è chiusa al culto, ma era viva e palpitante quando la baronale famiglia Paparo risiedeva nella villa accanto. Ed ha spalancato la sua porta ogni volta che ce n’è stato bisogno. è stata, difatti, caldo luogo di preghiera e di culto in genere della nascente Comunità di Badolato Marina dal 1952 al 1956, prima dell’ultimazione della costruzione della chiesa parrocchiale dedicata agli Angeli Custodi. Ed è anche stata provvisorio rifugio per le salme delle nove persone che hanno perso la vita nel disastro ferroviario causato dal crollo del ponte nella zona La Punta la sera del 9 ottobre 1925. Dell’esistenza dell’altra chiesa dedicata a San Leonardo, quella ubicata nel vecchio centro medievale, abbiamo avuto il sospetto percorrendo la breve via, dedicata, appunto, a San Leonardo, che ha inizio nello slargo di corso Umberto I° all’altezza della chiesa di Santa Maria in Crignetto, dentro la quale si trova una bella tela raffigurante proprio tale Santo. Poi un regalo: la fotocopia di alcune pagine manoscritte del Libro della Venerabile Chiesa di S. Leonardo: Procuratore Mastro Alessio Pultrone di questo anno 1751. In pratica il libro contabile della chiesa di San Leonardo “di questa terra di Badolato”, chiuso in data 27 gennaio 1784 (L’anno successivo al terremoto del 1783. è un caso?!) Alla ricerca del sito del luogo di culto ormai scomparso, abbiamo trovato indizi che ci portavano in piazza Santa Maria. E Raffaelina Caporale, sorella dello scomparso professor Nicola, scomparsa anche lei all’età di 95 anni il 13 febbraio 2006, ci ha riferito, in una delle non rare conversazioni, che suo nonno, Nicola Caporale, soleva dire che là dove era stata costruita la “pescheria” all’inizio del secolo ventesimo c’erano prima i ruderi della chiesa di San Leonardo. Indiretta testimonianza, fermamente contestata da qualche studioso con argomentazioni non proprio peregrine, ma confermata da un documento del 1847 di cui scrive l’amico ricercatore Marziale Mirarchi a pagina 9 del n° 1/2007 di questo periodico. Ma parché il culto di San Leonardo a Badolato? La risposta è arrivata, quasi per caso, scorrendo le pagine -le note in particolare- de Il Mese di maggio nella Marina di Davoli, di Saverio Tucci, stampato nel 1845. Si legge a pagina 16: “Furono frequenti anche a memoria de’ nostri padri le scorrerie de’ pirati barbareschi, contra cui i nostri terrazzani si difendevano con una forza armata che percorreva le spiagge litorali del mare Ionio sotto il comando di un loro capo detto Cavallaro. Di tratto in tratto vi erano costruite delle torrette che servivano di specule per ispiare in alto mare, per così prevenire gl’improvvisi assalti; ed una ve n’era ancora in territorio di Satriano, di cui esistono oggigiorno i ruderi, detta anticamente Mesolare, ed ora torre di Ancinale. Alle armi temporali si aggiungevano le spirituali, fra cui segnatamente spiccava la fervorosa divozione per S. Leonardo protettore della redenzione de’ Cristiani fatti schiavi; il perché in molti paesi si edificarono delle Chiesette dedicate a questo santo prima di entrare nell’abitato venendo dalla via di mare, siccome si osserva anche in presente in Davoli, in San Sostene, ed in Borgia, in cui questo Santo fu preso a singolar protettore…”. Da qui comincia -sono ormai alcuni anni- la nostra ricerca su questo Santo adesso meno sconosciuto. Abbiamo preso un primo contatto con San Leonardo di Cutro, in provincia di Crotone. Abbiamo sentito in particolare il Parroco, don Luca Belcastro, e il giovane Franco Scarpino, autore di un libriccino che s’intitola, appunto, “San Leonardo - un grande cuore”. Un libriccino realizzato con intelligenza ed amore: trentotto pagine per presentare, dal punto di vista storico ed agiografico, la figura di questo Santo francese. A corredo delle notizie storiche alcune belle immagini e due tabelle sui luoghi di culto dedicati al “protettore dei carcerati”. Una tabella registra 13 Paesi europei, al primo posto la Germania con 141 luoghi e poi l’Italia con 115; seguono l’Austria con 113 e l’Inghilterra con 104; la Francia ne conta 67 ma con ben 18 paesi che si chiamano San Leonardo. I ricercatori hanno trovato in tutta l’Europa oltre 600 luoghi di culto dedicati a questo Santo. Tra le 20 regioni italiane troviamo al primo posto la Toscana con 30 luoghi di culto, segue la Sicilia con 28. La Calabria ne ha 15: per alcuni di essi è Santo Patrono (Aprigliano, Ardore, Cariati, Castelsilano, Longobardi, Portigliola, San Leonardo di Cutro, Trebisacce). è Patrono dell’Arcidiocesi Rossano-Cariati. Avremmo potuto fermarci qui, ma abbiamo ritenuto opportuno continuare la ricerca con l’intento di arricchire ulteriormente questo lavoro, Così, girovagando e interrogando, abbiamo scoperto che a Tropea, là dove oggi sorge un’attrezzata struttura turistica c’era una volta “lo scoglio di San Leonardo”. E ci siamo ricordati che il tropeano Gaspare Toraldo, barone di Badolato, ebbe la meglio con i suoi armati nell’affrontare i Turchi sbarcati nella zona di Stilo nel 1566, e partecipò poi, nel 1571, all’epica battaglia di Lepanto. Chiese a Lui dedicate sono esistite, od esistono ancora, ad Amaroni, Acquaformosa, Castrovillari, Civita, Laino Borgo, Montebello Ionico, Montalto Uffugo, Orsomarso, Palizzi, Paola, Reggio Calabria, Saracena. A Lungro gli operai che estraevano il salgemma tra il XIII e il XIV secolo gli hanno eretto una chiesetta e lo hanno voluto loro protettore per avere liberato -si legge nella sua biografia- alcuni schiavi che lavoravano nelle miniere. La piccola chiesa di Lungro è scomparsa definitivamente nel 1966. La chiesa dedicatagli nel passato in Sant’Andrea Ionio è oggi intestata a San Rocco. Della chiesetta rurale di San Sostene così scrive nella sua tesi di laurea l’architetto Rocco Codispoti: “…è di certo già esistita nel 1676… ubicata nel luogo ove si conserva il toponimo San Leonardo, sulla via che porta al mare…”. Una cappella esisteva anche nella vecchia Chiesa Matrice di Isca Ionio. A San Leonardo è dedicata una Confraternita di Saracena, ed un’altra in Castrovillari, con la pratica delle indulgenze per i defunti che riposano in quel cimitero. Non poteva mancare traccia di San Leonardo in Catanzaro dove, difatti, risulta “un’antica abbazia fondata nel 1120 sotto Callisto II”. Posta extra muros Cathacen, fuori la porta di Pratica, appartenne ai Certosini e poi ai Gesuiti. Sui suoi ruderi fu realizzata la nuova chiesa di San Leonardo o San Leonardello, che dà il nome all’odierna omonima zona della città. E non è raro trovare ancora oggi, specialmente tra i non pochi Nomadi che orbitano intorno al capoluogo, più di una persona che porta il nome di Leonardo. Come non è raro nella zona di Pizzo, Serra San Bruno,… A Siponto, in provincia di Foggia, è stata eretta (ec. XI-XIII) in suo onore una chiesa degna di particolare menzione, di stile romanic-pugliese: vi solevano sostare i pellegrini diretti in Terra Santa. Una bella statua del Nostro Santo l’abbiamo ammirata di recente in una esclusiva villa di terra calabra: Villa Caristo, in quel di Stignano. Una villa della quale non scriviamo, perché già tanto si è scritto. Ed anche perché il proprietario professore Caristo, che ci ha ricevuto ed ascoltato, ci ha comunicato che è in fase di realizzazione un libro sul “monumento” e sulla sua storia. Noi, al piacere di aver finalmente soddisfatto un’esigenza che avvertivamo da anni, abbiamo aggiunto quello di ammirare, ai piedi dell’imponente scalone, un gruppo marmoreo forse unico al mondo: Tancredi che battezza Clorinda, uno dei più belli episodi del grande poema del Tasso, che abbiamo studiato nel Ginnasio e in parte rimandato a memoria. E abbiamo avvertito, concreto e palpabile, il filo che lega Tancredi d’Altavilla, condottiero alla Prima Crociata, Normanno, alla statua del Santo francese, il cui culto ebbe diffusione in Europa, e particolarmente qui da noi, intorno al secolo XI, proprio ad opera di quei Normanni che, con la benedizione del latino successore di Pietro, divennero padroni dell’Italia Meridionale, sovrapponendo santi e culti latini a culto e santi del mondo bizantino. Ma chi era questo nostro San Leonardo? Nato da nobili Franchi nelle Gallie al tempo dell’imperatore Anastasio (V-VI sec.), gli fu padrino Clodoveo. Alla carriera militare, cui era destinato, preferì la Scuola religiosa di San Remigio, Arivescovo di Reims (435-530). Nel viaggio di trasferimento a Limoges, per cui è anche detto il Limosino, “si imbatté nel corteo regale, in agoscia perché la regina aveva avuto improvvisamente le doglie… Le sue preghiere ottennero la salvezza di lei e del pargolo e il re gli donò il bosco che stava attraversando. Leonardo vi edificò un monastero attorno a un pozzo in cui aveva miracolosamente fatto sgorgare l’acqua. Chiamò quel luogo Nobiliacum in ricordo della donazione di Clodoveo, nobilissimo rege: oggi Saint Léonard-de-Noblat.” Si racconta che, seguendo l’esempio del suo maestro Arcivescovo Remigio, chiese ed ottenne dal re il privilegio di poter liberare tutti i prigionieri che incontrava sul suo cammino. Privilegio confermato anche Lassù. Da ciò il tributo del culto quale Santo dei carcerati, dei prigionieri, degli schiavi. Anche degli schiavi che venivano razziati dai pirati barbareschi nelle nostre contrade e poi venduti nei numerosi betisan della Turchia e dell’Africa Settentrionale. Si racconta che “Dovunque dei prigionieri invocassero il suo nome, le loro catene si spezzavano prodigiosamente.” Sappiamo che la fine degli schiavi dei Turchi sino al 1814 non era per tutti la stessa. Alcuni finivano per convertirsi alla religione di Maometto. Altri riuscivano a salvarsi magari con l’inganno, come sentiamo in alcuni racconti popolari. I più venivano venduti, magari a mercanti che li rivendevano ancora, e quasi tutti finivano miseramente la loro vita. Alcuni, in tanti anzi, venivano riscattati. Abbiamo letto di recente che i Padri Trinitari, dell’Ordine istituito nel secolo XII da San Giovanni de Matha, in otto secoli hanno riscattato 900.000 “captivi” cristiani, tra cui non pochi calabresi. Negli atti dei RR. PP. Trinitari Scalzi del Riscatto, spulciati da Ermanno Capani, si leggono i nomi di Marsilio di Giovanni di Castrovillari, Guerino Petrazzi di San Marco, Costantino di Carmelo di Seminara, Giuseppe di Piero di Trebisacce, Coluccio di Pasquale di Roccella, Coleca di Giovambattista di Pizzo,… Il riscatto, ai mercati di Biserta, Costantinopoli, Smirne, Tripoli, Tunisi,… avveniva mediante il pagamento di un prezzo (in baiocchi, fiorini, lire, zecchini, piastre turche, ecc.) che variava a seconda dell’età, del sesso, delle condizioni di salute… della persona in schiavitù. I fondi necessari venivano raccolti mediante questue, con relative ricevute, regolarmente autorizzate dai Pastori diocesani. Dove non arrivavano il coraggio e le finanze dei temerari benemeriti Padri Trinitari subentrava spesso San Leonardo di Nobiliacum, che spezzava le catene in virtù del potere accordatogli fin da quando era in vita su questa terra. Abbiamo consultato alcune pagine -solo alcune- dell’opera Acta Sanctorum, pubblicata nel 1910, e vi abbiamo letto di non poche liberazioni miracolose operate dal Santo Limosino: sono tratte dalla Vita Sancti Leonardi, uscita anonima intorno al 1030, e dichiarata dai Bollandisti “fabularum plena”. Vi si narra, ad esempio, che il Beato Ottone l’Eremita fu liberato da San Leonardo dal carcere duro. Anche un esponente della famiglia Martello, insieme ad altri 120 prigionieri, fu liberato dalla schiavitù dei Saraceni per intervento del Nostro Santo. Tra gli innumerevoli casi di liberazione dalle catene, il più noto è forse quello che riguarda il nobile Boemondo d’Antiochia, che, “preso prigioniero dagli infedeli nel 1100, attribuì la sua liberazione al santo di Limoges. Tornato in patria donò al Santuario di Saint Léonard de Noblat, come ex voto, delle catene d’argento simili a quelle di cui era stato caricato durante la prigionia.” Il culto a San Leonardo delle Gallie, la cui memoria è segnata al 6 novembre nel Tipico di Grottaferrata, dove si conservano ancora degli inni in lingua greca a lui dedicati, è ancora vivo e largamente diffuso in parecchie zone d’Europa, compresi alcuni paesi del nostro Meridione dove non approdano più minacciosi legni barbareschi, ma vecchie carrette cariche di disperazione. Vincenzo Squillacioti (Si ringraziano per la collaborazione: don Luca Belcastro, Silvestro Bressi, don Leonardo Calabretta, il prof. Giuseppe Caristo, l’arch. Rocco Codispoti, don Vincenzo Gallelli, il rag. Marziale Mirarchi, Padre Masseo Pretto, Franco Scarpino, don Salvatore Tropiano, Michele Varipapa, il prof. Lorenzo Viscido.)
Bibliografia: AA. VV., Bibliotheca Sanctorum, vol. VII, Città Nuova Editrice, Roma 1966. R. Camilleri, Santi dimenticati, Piemme, Casale Monferrato, 1996. E. Capani, Schiavi calabresi riscattati dai Turchi, Calabria Sconosciuta, A. XXV, n° 93, giugno 2002. S. Dragone (a cura), Catanzaro, i luoghi, le persone, la storia, Cine Sud Due Editore, Catanzaro 1995. A. Gesualdo, Storia di Badolato medioevale e moderna, Frama Sud, Chiaravalle C.le 1986. M. Pretto, Santi e santità della pietà popolare in Calabria, Ed Progetto, Guzzardi Edit., Cosenza 1993. G. Rennis, La tradizione bizantina…, Editoriale Progetto 2000, Cosenza 1993. F. Scarpino, San Leonardo - un grande cuore, Parrocchia S. Leonardo, S. Leonardo di Cutro 2003. M. Sgarbossa-L.Giovannini, Il Santo del giorno, San Paolo, Roma 2001. Carolo de Smedt e altri, Acta Sanctorum, Tomus III, Bruxellis 1910. S. Tucci, Il Mese di Maggio nella Marina di Davoli, Raffaele Lista, Napoli 1845.
Riprodurre le quattro fotografie di cui al menabò, con le seguenti didascalie: la prima - (Foto Campese) - Chiesetta di S. Leonardo a pochi metri dal mare in Badolato Marina la seconda - (Foto Varipapa) - Tela di S. Leonardo nella chiesa di S. Maria in Crignetto a Badolato S. la terza - Statua di S. Leonardo nella chiesa di S. Leonardo di Cutro (KR) la quarta - (Foto Varipapa) - Statua di S. Leonardo nella cappella di Villa Caristo |