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UN’ALBA DA MIA MADRE Dal balcone della mia casa, 17 marzo attorno alle sei Vito Teti
Autore:     Data: 30/04/2019  
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Data: 30/04/2021 - Anno: 27 - Numero: 1 - Pagina: 45 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

IMPOVERIMENTO TERRITORIALE GRADUALE ED INESORABILE

Letture: 627               AUTORE: Aldo Gallace (Altri articoli dell'autore)        

Ogni qualvolta, in un paese, una persona parte per trovare “vita migliore”, vuol dire che,
complessivamente, qualcosa non funziona. Vuol dire che c’è uno squilibrio di risorse/opportunità; che
c’è, o c’è stata, una “gestione” sbagliata delle risorse a favore di un territorio rispetto ad altri. E, ogni
volta che ciò succede, un pezzetto di quel territorio muore. Ogni qualvolta, in un paese, una saracinesca
si abbassa, vuol dire che un pezzo di quel territorio è morto.
E Badolato, purtroppo, non sfugge a queste realtà di impoverimento.
Ha vissuto lo spopolamento del dopoguerra, che l’ha accomunato all’Italia intera; continua a viverlo
con le decine di giovani che, per studio o per lavoro, si spostano in altri luoghi più “promettenti” di un
futuro più sereno. E con lo spopolamento, viene da sé, anche i servizi, che in un paese non dovrebbero
mancare, vengono meno.
È successo così in passato: Badolato ha perso uffici governativi che, per decenni, gli hanno dato
una certa importanza territoriale: il presidio della Guardia di Finanza, operativo fino agli anni Settanta;
la caserma della Guardia Forestale scomparsa ancor prima; la Pretura, che ha lasciato il posto ai soli
uffici del Giudice di Pace, ma chiusi anche questi; il carcere mandamentale. Tutti uffici di notevole
importanza sociale ed economica.
Ogni volta che un servizio chiude, è una parte del tessuto sociale che muore.
Negli anni passati ha definitivamente chiuso anche l’edificio scolastico di Badolato Superiore, uno
dei più grandi del circondario: i bambini badolatesi ormai nascono a Roma, a Milano, a Wetzikon e in
tutti quei paesi dove i nostri giovani sperano in una vita migliore di quella offerta nel paese dei padri e
dei nonni. Ha chiuso, poi, anche uno dei due distributori di carburante. E due stabilimenti balneari. E
una piccola tipografia
In un paese a vocazione turistica, quale vuol essere Badolato, tutto questo di certo non aiuta a
risollevare le sorti di quanti, con notevoli sacrifici, ancora investono capitali e sudore.
Per ultimo, anche la Banca ha chiuso i battenti. Quella che era la “Banca storica” dei Calabresi, negli
anni è passata di gruppo in gruppo, con accorpamenti sempre più ravvicinati nel tempo, fino alla sua
definitiva chiusura, in piena pandemia Covid.
Fu Ferdinando II di Borbone, il 18 aprile 1853, con proprio decreto, a dare vita a due Casse, con sedi
a Cosenza, Castrovillari, Paola e Rogliano, che poi furono unificate, con la proclamazione del Regno
d’Italia, un una sola “Cassa di Risparmio” e con delibera del Consiglio Provinciale di Cosenza del 24
settembre 1861 nasce la “Cassa di Risparmio di Calabria” che inizia ad operare dal 2 agosto 1862.
Col tempo, visto il ramificarsi su tutto il territorio, anche della odierna Basilicata, prese il nome di
Cassa di Risparmio di Calabria e di Lucania (CARICAL),1959.
Nel 1987 la Carical fu sottoposta, dalla Banca d’Italia, ad amministrazione controllata. Nel 1994 venne
iscritta nel gruppo “Cariplo” e nel 1998, insieme ad altre due Casse di Risparmio viene incorporata da
Banca Carime. La vecchia banca borbonica, nata per effettuare “prestanze agrarie”, di fatto non esiste più.
Ma lo sportello di Badolato, passando di gruppo in gruppo, cambia nome: “Banca Carime”, “Banca
Nuova”, (del gruppo Banca Popolare di Vicenza, che, con l’atto di cessione d’azienda, stipulato nella
notte tra il 25 e il 26 giugno 2017, cede più di 400 filiali ad “Intesa Sanpaolo” al prezzo complessivo di
50 centesimi.)
Banca Intesa, rimane operativa fino al marzo 2020, quando per una riorganizzazione aziendale,
decide di chiudere la filiale di Badolato, lasciando per il momento, e dopo molte proteste dei cittadini,
lo sportello Bancomat.
Ogni volta che un servizio chiude, è una parte del territorio che muore. Certo, per le aziende quel che
conta sono i numeri del bilancio di fine anno, ma fin quando, invece di investire e dare fiducia al Sud,
si impoverisce il territorio di quello che ha e si guarda solo nel proprio “orticello”, viene in mente una
frase di Rod Steiger: Il mio paese? Il mio paese siamo io e i miei figli.


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